Oggi andiamo ad analizzare uno strumento finanziario che negli ultimi anni è diventato uno dei più promossi dalle varie banche che lo emettono: i Certificati Cash Collect.
Cosa sono i Certificati Cash Collect
I Cash Collect Certificate sono dei certificati a capitale condizionatamente protetto; rientrano nella categoria ACEPI degli Investment Certificate.
Sono ottimi per quegli investitori che vogliono esporsi su un mercato rialzista, laterale o moderatamente ribassista. Il vantaggio di questi certificati è dato dal fatto che, a determinate condizioni, che analizzeremo a breve, assicurano un flusso cedolare mensile costante.
Sono emessi da varie banche e in Italia particolarmente attive su questo strumento sono Unicredit, BNP Paribas, Deutsche Bank e Fineco, che ha recentemente annunciato l’ingresso in questo mercato e che emetterà a breve dei nuovi certificati.
Si tratta di strumenti derivati, poiché il loro prezzo dipende sempre da uno o più sottostanti; sono quotati sul mercato SeDex di Borsa Italiana e la liquidità è garantita dal mercato o dalla presenza di market maker, che sono tipicamente dei desk trading dell’emittente stesso.
Come funzionano i Cash Collect Certificate
Abbiamo già detto che si tratta di strumenti derivati che basano le loro performance sulla base di un paniere di strumenti finanziari sottostante. L’orizzonte temporale della vita dello strumento è breve/medio, di solito dai 24 ai 48 mesi, con lo standard che si piazza a 36 mesi.
Il vantaggio di tali strumenti, come detto, è quello di distribuire delle cedole, condizionati o incondizionati, a intervalli regolari, di solito mensilmente. Se alla data prestabilita, solitamente intorno al 20 del mese, i sottostanti non hanno toccato barriere, allora viene distribuita una cedola.
Alla scadenza dello strumento, se non intervengono rimborsi anticipati (regolati nel momento della sottoscrizione), ci possono essere due casistiche:
- Rimborso al 100% del valore nominale, qualora il prezzo dei sottostanti è superiore al livello barriera, posta, generalmente, al 60/70% del prezzo originale quando lo strumento è stato emesso
- Rimborso parziale, in base alla performance del peggiore dei sottostanti
Esempio di un Cash Collect Certificate
Facciamo un veloce esempio di un certificato, valore di emissione di 1.000 euro a certificato e sottostanti con questi livelli di strike:
- Azione A: prezzo 1 euro
- Azione B: prezzo 2 euro
- Azione C: prezzo 2,5 euro
Barriera per la condizione del pagamento delle cedole e del rimborso posta al 70%, il che significa che le barriere sono le seguenti:
- Azione A: 0,70 euro
- Azione B: 1,4 euro
- Azione C: 1,75 euro
Facendo un esempio semplice, diciamo che il prezzo, fino a scadenza, non tocca mai una barriera, quindi il rendimento (per esempio) del 6% annuale viene normalmente erogato, si tratta di 5 euro al mese.
A scadenza, diciamo dopo 36 mesi, i prezzi delle azioni sono i seguenti:
- Azione A: 1,23 euro
- Azione B: 1,65 euro
- Azione C: 1,80 euro
Come possiamo vedere, solo l’azione A ha un prezzo maggiore rispetto all’emissione dello strumento, mentre B e C hanno un prezzo più basso. Però sono tutte sopra la barriera e quindi a scadenza verranno rimborsati 1.000 euro per ogni certificato.
E se uno dei prezzi avesse superato la barriera? Ecco, in questo caso il prezzo di rimborso a scadenza è più basso di quello nominale. Modifichiamo il prezzo dell’azione C e portiamolo a scadenza a 1,65 euro, quindi:
- Azione A: 1,23 euro
- Azione B: 1,65 euro
- Azione C: 1,65 euro
In tal caso il prezzo dell’azione C è sotto la barriera e quindi il rimborso è parziale. Dipende dalle condizioni del certificato, ma di solito il rimborso segue la perdita del peggior titolo. Quindi, l’azione C quotava 2,5 euro a emissione e chiude il periodo a 1,65, la perdita è del 34%, in tal caso il rimborso per lo strumento sarà del 34% minore, quindi ogni certificato rimborserà 660 euro anziché 1.000.
Cosa sapere per investire sui Cash Collect Certificate
I Cash Collect Certificate portano con sé alcuni termini che bisogna conoscere, alcuni li abbiamo già visti nell’esempio, ecco qui la lista completa:
- Scadenza: si tratta dell’ultimo giorno in cui l’emittente fa il check sullo strike (quindi sul prezzo) per comprendere il valore di rimborso
- Giorno di liquidazione: si tratta del giorno in cui verranno liquidate le somme, spesso corrisponde al giorno di scadenza, ma potrebbe anche differire di qualche giorno
- Ultimo giorno di negoziazione: si tratta dell’ultimo giorno in cui lo strumento può essere acquistato/venduto sul mercato secondario
- Sottostante: l’abbiamo già visto, si tratta dello (o degli) strumento/i su cui il certificato si basa
- Strike: il livello (o prezzo) il giorno dell’emissione del certificato; un parametro molto importante poiché sulla base di questo si calcola la barriera e quindi il prezzo a rimborso
- Livello Barriera: livello limite del prezzo, sotto il quale il rimborso e (probabilmente) anche le cedole non vengono pagati
- Emittente: si tratta dell’istituzione (tipicamente una banca) che emette il titolo
- Lotto minimo: il numero minimo di certificati che si possono acquistare/vendere
- Premio: la cedola distribuita a intervalli regolari, può essere di due tipi
- incondizionato: viene distribuita a prescindere dai prezzi del sottostante
- condizionato: viene distribuito solo se i prezzi del sottostante sono sopra al livello di barriera
- Premio a scadenza: il prezzo dello strumento distribuito a scadenza, può essere uguale al nominale o minore in base al prezzo dei sottostanti a scadenza (guardare l’esempio)
Cosa è importante comprendere
L’emittente del certificato, per poter pagare le cedole e farci un guadagno, investe nel paniere con delle option, tipicamente con un mix di call e put. L’emittente farà un calcolo per il quale, a prescindere da dove si troverà il sottostante ci sia comunque un guadagno per sé stesso, che può essere più alto o più basso in base ai valori del sottostante.
L’interesse dell’emittente è che almeno uno dei sottostanti sia sotto al livello di barriera alla scadenza dello stesso, per questo motivo, di solito, il paniere è composto da un paio di azioni dall’alto rendimento e quindi ottimi per l’investitore e da un’azione che solitamente sottoperforma, sia perché emette dei dividendi oppure perché di solito ha un andamento non esaltante.
Quando si acquista un certificato bisogna valutare attentamente, quindi, sia la qualità dei sottostanti che il prezzo di strike: infatti acquistare un certificato emesso in momenti di grazia del mercato non è mai bene; piuttosto il momento giusto per acquistarli è in concomitanza di un crollo del mercato stesso, poiché i prezzi di strike sono sostenibili nel medio termine.
Infine attenzione al rimborso qualora i prezzi siano tutti sopra lo strike in una delle rilevazioni, perché quella è la situazione peggiore per un emittente e infatti, spesso, si tutelano mettendo il diritto di riscatto in tale circostanza (trovate tutto nelle condizioni dello strumento). Significa che se (per esempio) dopo 4 mesi dall’emissione tutti i titoli sono sopra lo strike verrete rimborsati con i prezzi nominali (1.000 euro) e avrete incassato le eventuali cedole. In questo caso bisogna stare attenti al prezzo pagato per acquistare dal mercato secondario, perché non è insolito trovarli a valori oltre i 1.000 euro grazie al buon andamento dei sottostanti, ma se l’emittente rimborsa il capitale voi avrete perso l’eccedenza.
Allo stesso tempo, sul mercato secondario, potreste trovare i Cash Collect Certificate a prezzi di molto inferiori a 1.000 euro. Non necessariamente questo è un affare, poiché vuol dire che il mercato scommette che a scadenza i prezzi dei sottostanti saranno sotto al livello di barriera.
Per la loro natura, e per tutto ciò che abbiamo detto, i Cash Collect Certificate sono uno strumento complesso e come tale va trattato. L’illusione di fare dei grandi guadagni è reale, ma si tratta di un’illusione; bisogna stare molto attenti.