Fusione Renault - Fiat Chrysler Automobiles
Fusione Renault - Fiat Chrysler Automobiles

Per la grandezza, la complessità e la rapidità, la possibile fusione tra Renault e il gruppo Fiat Chrysler Automobiles è stata qualcosa di stravolgente.

A distanza di qualche tempo, proviamo a raccontare per filo e per segno come sono andate le cose.

La prima notizia arriva dal Financial Times che anticipa un rumor incredibile: il gruppo FCA e il gruppo Renault stanno discutendo di una fusione alla pari che sarà effettuata a breve. Era il 25 maggio del 2019 e il quotidiano economico dà un rumor che, se confermato, avrebbe dell’incredibile.

Finalmente si concretizza ciò che il compianto Sergio Marchionne aveva anticipato anni prima (e che aveva provato a fare con GM e con Opel):

Per sopravvivere il segmento auto dovrà attraversare una stagione di M&A

Sergio Marchionne

In una prima fase né Renault né FCA rilasciano dichiarazioni, chiudendosi dietro un no comment.

La conferma arriva con i rispettivi comunicati (qui quello della FCA) il 27 maggio, quindi solo due giorni, e l’accordo sarebbe raggiunto attraverso una fusione alla pari, quindi 50% contro 50%.

La proposta di merging

La proposta viene lanciata ufficialmente dalla casa italo-americana e i dettagli principali, oltre alle quote sono:

  • Nessuna chiusura di stabilimenti pre esistenti
  • Il CDA sarà composto da 11 elementi, 4 per ogni azienda, 1 di Nissan e il resto indipendenti
  • Gli azionisti di FCA, per livellare le capitalizzazioni prima dell’operazione, riceverebbero 2,5 miliardi di euro di dividendo straordinario
  • Prima dell’operazione, sarebbero distribuite agli azionisti di FCA le quote di Comau (società satellite di FCA) oppure l’equivalente di 250 milioni

I vantaggi della fusione sono chiariti dagli attori stessi: nascerebbe infatti il terzo polo di veicoli al mondo e il secondo per numero di veicoli in Europa.

Se, in una data successiva e certamente non oggetto di questa fusione, le due società partner di Renault (Nissan e Mitsubishi) volessero fondersi, saremmo difronte al più grande gruppo mondiale di veicoli, con interessi in Nord e Sud America (grazie a FCA), Europa (grazie a Renault) e Asia (grazie a Nissan e Mitsubishi).

Un altro vantaggio, non da poco, è il risparmio annuale di circa 5 miliardi di euro di spese correnti che si avrebbero semplicemente mettendo a fattor comune le conoscenze e le basi distribuite nel mondo.

La reazione di Renault

Immediatamente le due aziende si mettono all’opera per arrivare a un accordo definitivo di fusione e le dirigenze convocano immediatamente il cda per analizzare la proposta.

In FCA fila tutto liscio, anche perché, essendo l’azienda che lancia l’OPA i grandi azionisti erano già informati.

In Renault qualcosa non fila per il verso giusto e ci si rende conto subito che la strada per la fusione sarà in salita e tortuosa.

Il cda convocato in prima istanza chiede maggior tempo per analizzare il tutto, in particolare pare subito che il primo azionista, cioè lo Stato Francese, ha qualche remora ma non è chiaro per cosa.

Le condizioni dell’azionista di maggioranza

Solo a posteriori emerge la verità sui punti della discordia e sono tutte questioni che pone sul tavolo il principale azionista di Renault, cioè lo Stato francese:

  1. Richiesta di rivalutazione di Renault, non come da capitalizzazione in borsa ma con un premio e quindi un pagamento di dividendo speciale anche agli azionisti della casa francese
  2. Un posto per un esponente del governo francese nel cda della nuova azienda
  3. Salvaguardia dei posti di lavoro di Renault
  4. Quartier generale a Parigi

C’è l’accordo su 3 dei 4 punti e sembra che anche l’ultimo possa essere discusso ma il ministro Le Maire, a rappresentanza dei francesi, desidera prendere tempo e dice che non c’è fretta.

In un secondo cda vengono accettati i 4 punti ma il governo prende ancora tempo.

La questione è che l’accordo non si farà senza il consenso di Nissan. Infatti i giapponesi hanno una partecipazione incrociata con Renault. I francesi possiedono il 43,4% della casa nipponica che a sua volta possiede il 15% di quella francese.

Nissan è praticamente il secondo azionista di Renault e non è convinto dell’operazione, inoltre il tutto si inquadra in accordi extra merge tra i governi francese e giapponese.

Il fallimento della fusione

Il banco salta definitivamente il 6 giugno del 2019, quindi a distanza di soli 9 giorni dalla proposta di fusione.

A farlo saltare è la stessa persona che l’aveva messo in piedi, cioè John Elkann, presidente del gruppo FCA. Il perché inizia a intuirsi sin dal primo comunicato di FCA che recita:

FCA esprime la propria sincera gratitudine a Groupe Renault, in particolare al suo Presidente, al suo Amministratore Delegato ed agli Alliance Partners, Nissan Motor Company e Mitsubishi
Motors Corporation, per il loro costruttivo impegno in merito a tutti gli aspetti della proposta di FCA.

FCA continuerà a perseguire i propri obiettivi implementando la propria strategia indipendente.

Viene ringraziato il presidente di Renault (Jean-Dominique Senard, che ha preso il posto di Carlos Ghosn, arrestato a fine 2018 in Giappone), vengono ringraziati i partner di Renault ma nessuna parola per il primo azionista, cioè il ministero dell’economia francese e, quindi indirettamente, lo Stato francese.

Alla proprietà italiana non va bene che lo Stato francese stia usando questo merge per risolvere vecchie questioni con i giapponesi e non viene accettato il rinvio dell’approvazione anche a fronte dell’accettazione dei 4 punti messi sul tavolo.

La casa francese si rammarica, poiché, come dichiara lo stesso Jean-Dominique Senard, la proposta arrivava nel momento corretto, sia per una ripresa industriale, sia per una crescita del brand nel mondo che per la situazione economica della stessa Renault.

Dopo il salto della fusione

Nell’agosto dello stesso anno il CEO di FCA, Mike Manley, fa una nuova apertura verso Renault, dicendo che, qualora la casa francese voglia convolare a nozze, FCA è pronta a valutare la proposta.

Sembra un inizio di una nuova trattativa che però non si concretizzerà mai, anche perché del fallimento della fusione ne approfitta l’abile Carlos Tavares, CEO di PSA Peugeot, che trova prontamente l’accordo con FCA… ma questa è un’altra storia.