Scrip Dividend
  • Categoria dell'articolo:Guide
  • Tempo di lettura:9 minuti di lettura

Come ogni anno è in arrivo il periodo in cui le principali aziende quotate in borsa staccano il dividendo per i propri soci; nella quasi totalità dei casi questi vengono pagati attraverso contanti, in qualche caso, invece, ciò avviene attraverso l’emissione di nuove azioni che saranno distribuite. Quest’ultimo caso prende il nome di Scrip Dividend e in questo articolo andiamo ad analizzare come funziona.

Cos’è lo Scrip Dividend

Come già detto, non sempre le aziende pagano i propri dividendi attraverso lo stacco delle cedole, in taluni casi, anziché incidere sulla cassa dell’azienda stessa, si procede con la distribuzione di azioni.

Ciò viene fatto, per esempio, quando un’azienda non ha prodotto utili da distribuire ma vuole comunque remunerare i propri soci.

Un esempio emblematico avvenne qualche anno fa, quando il prezzo del petrolio scese in modo vertiginoso e le società impegnate nell’estrazione e vendita dell’oro nero si trovarono senza utili in cassa. Essendo aziende che storicamente avevano abituato gli azionisti a un flusso costante, per evitare di emettere debito, molte di essere procedettero attraverso lo scrip dividend.

L’azienda più grande che procedette in tale modo fu Shell, che pagò i propri dividendi sotto forma di Scrip Dividend.

Come funziona lo Scrip Dividend

Per meglio comprendere come funziona lo Scrip Dividend facciamo un esempio pratico: diciamo che l’azienda X ha una lunga storia di stacco cedole ma in uno specifico anno non ha prodotto utili (o preferisce tenerli in cassa) e vuole comunque dare un riconoscimento agli azionisti.

In tale caso l’azienda X procederà a un aumento di capitale gratuito, caricando sui portafogli degli azionisti dei diritti di sottoscrizione i quali, una volta convertiti, si trasformeranno in azioni vere e proprie.

Per esempio, diciamo che l’azienda voglia erogare un dividendo del 5%, in tal caso potrebbe, ogni 20 azioni possedute, caricare un diritto di sottoscrizione che, se convertito, darà diritto a 1 azione. Un azionista che ha 20 azioni, alla fine del processo di erogazione, si ritroverà quindi con 21 azioni.

Lo Scrip Dividend è un vero dividendo?

A questo punto nasce una domanda lecita: si tratta di un vero dividendo?

Cerchiamo di chiarire: quando un’azienda procede a un aumento di capitale, generalmente, il prezzo delle azioni tende a scendere. Il motivo è molto semplice: il valore dell’azienda è sempre 100, che se diviso in 100 azioni dà un valore di 1 euro ad azione; se il valore 100 viene suddiviso in 110 azioni, ogni azione varrà 0,91 euro (110 centesimi del valore).

Finché le azioni di nuova emissione sono dei semplici diritti, le azioni sul mercato continueranno a valere 1 euro, poiché ancora le nuove azioni non sono state distribuite. Quando l’azienda distribuirà a titolo di stacco cedola tali azioni, quindi alla fine del processo di aumento del capitale, il suo valore rimarrà 100 e tutte le azioni perderanno un po’ di valore, si tratterà infatti di una torta suddivisa in più fette e ognuna di queste avrà un peso minore.

Allo stesso modo, però, se l’azienda distribuisse il corrispettivo in contanti (quindi nel nostro caso distribuisse 9 centesimi per ognuna delle 100 azioni sul mercato), il valore stesso delle azioni andrebbe a essere ricalcolato in base allo stacco, quindi ogni azione andrebbe agli stessi 0,91 euro.

Quindi sì, lo scrip dividend è a tutti gli effetti equiparabile a uno stacco di dividendi.

Tassazione dello Scrip Dividend

A questo punto qualcuno starà pensando che, non essendoci una transazione economica, si elude la tassazione del 26% che invece persiste sullo stacco di dividendi in contanti.

Nulla di più sbagliato…

Essendo uno stacco cedolare di un dividendo la tassazione dovrà comunque essere pagata, infatti la tassazione ignora la natura del pagamento. Che venga pagata in azioni, in contanti o in natura, un dividendo prevede una tassazione del 26%.

Differenza tra Dividendo e Scrip Dividend

Prima di indicare le possibilità per un’azionista, fermiamoci un attimo per comprendere la differenza tra dividendo classico in contanti e Scrip Dividend.

L’unica vera differenza, al di là del processo di assegnazione dei diritti, è il fatto che con la distribuzione in contanti si ha della liquidità utilizzabile come meglio si preferisce. Invece, con lo Scrip Dividend, si hanno delle azioni che semplicemente vanno a fare cumulo con quelle che già avevamo in portafoglio.

In pratica è come se incassassimo il dividendo in contanti e reinvestissimo lo stesso denaro nell’acquisto di azioni della stessa società che ha staccato la cedola. Che, se l’azienda è sana, è sempre bene fare così da sfruttare gli interessi compositi, ma in caso di Scrip il processo è automatico e ci viene “tolta” la facoltà.

Cosa può fare un’azionista

Nel precedente paragrafo abbiamo messo tra virgolette la parola “tolta” poiché in verità non è propriamente così. Lo Scrip Dividend indirizza la scelta dell’azionista verso l’aumento di capitale gratuito, ma rimane facoltà del socio stesso poter procedere in modo differente.

Queste le possibilità dell’azionista:

  1. Esercitare i diritti dell’aumento di capitale, aumentando quindi il numero di azioni a sua disposizione; in tal caso si accetta lo Scrip Dividend.
  2. Vendere i diritti dell’aumento di capitale:
    1. Alla società che li emette
    2. Sul mercato

Sull’opzione 1 c’è poco da dire, semplicemente si accetta la procedura di Scrip Dividend e si incassano le nuove azioni; tipicamente per queste operazioni non c’è nemmeno bisogno di fare nulla, poiché a scadenza dei diritti vengono automaticamente convertiti.

L’opzione 2 invece ci riporta a una distribuzione classica del dividendo. A sua volta, la vendita dei diritti, si può dividere in due capitoli.

Infatti si possono rivendere i diritti direttamente all’azienda che ha distribuito le cedole, la quale, se previsto dalle condizioni dell’aumento di capitale, le riacquista e vi pagherà in contanti per questo, oppure rivendere i diritti sul mercato secondario a un altro azionista che, approfittando dell’aumento di capitale, decide di entrare nell’azionariato della società.

Nel caso in cui vogliate rivendere i diritti, in generale, sarebbe preferibile venderli direttamente alla società che li emette, poiché, se vi viene data tale possibilità, la vendita avverrà (a meno di indicazioni differenti) al 100% del valore del diritto.

Se invece deciderete di andare sul mercato, il valore dei diritti potrebbe variare, con il rischio di incassare meno di quello che ci si aspetterebbe; inoltre i diritti di un aumento di capitale del genere, tipicamente sono illiquidi, cioè è complesso trovare compratori disposti a comprarli, per il semplice motivo che un nuovo azionista, anziché comprare i diritti, può tranquillamente andare a comprare le azioni.

Differenza tra Scrip Dividend e Split Azionario

Abbiamo già parlato in passato dello Split Azionario, cioè di società che decidono di frammentare le loro azioni e di distribuire le nuove ai precedenti azionisti.

In effetti non c’è una grandissima differenza tra uno split azionario e uno Scrip Dividend, se ci mettiamo nei panni dell’azionista, se non il fatto che lo split azionario divide le azioni in almeno 2 nuove azioni, invece uno Scrip Dividend distribuisce un frammento per ognuna di esse.

L’altra grande differenza, lato azionista, è che con lo split azionario non si pagano tasse, invece con un dividendo sì.

Allora perché le aziende non decidono di effettuare degli split anziché degli scrip? Semplice: lo split si fa su multipli dell’azione e non su frammenti e qualora il prezzo dell’azione fosse (per esempio) di 1 euro, facendo uno split 4:1 si avrebbero 4 azioni al posto di una, con il risultato che ognuna di esse varrebbe 0,25 €, prezzi bassi che rischiano di portare l’azienda ad avere dei valori da Penny Stocks. Inoltre lo split non viene visto come uno scrip, quindi aziende abituate a distribuire dividendi verrebbero viste sotto un occhio differente.

Alcune aziende americane, che hanno dei valori delle azioni molto alte, per migliorare l’appetito degli azionisti, procedono in tal senso, ma si tratta di aziende poco avvezze ai dividendi e comunque l’operazione si contestualizza in un’ottica differente.