Lo split azionario è un’operazione che, di tanto in tanto, viene effettuata da qualche società. Pratica molto usata negli Stati Uniti, molto più raro vederne qualcuna nel vecchio continente.
Tra gli ultimi che hanno effettuato questa operazione troviamo Tesla e Apple, la prossima grande società a farlo sarà Alphabet.
Tra le aziende che non si sono mai prestate a fare split (e che hanno mandato in crisi anche i sistemi del Nasdaq per questo motivo) troviamo invece Berkshire Hathaway, cioè l’azienda di Warren Buffett.
Split azionario, cos’è
Partiamo dalla domanda più semplice, cioè cos’è uno split di azioni. Si tratta di una suddivisione delle azioni a parità di capitalizzazione. Semplificando la questione: è come se aveste una torta suddivisa in 4 fette e decidiate di frammentarla di più, quindi portandola a 8 fette.
Facciamo un esempio pratico per meglio comprendere: un’azienda X ha emesso 1 milione di azioni e queste arrivano a valere 1.000 euro ciascuna. La capitalizzazione di borsa, quindi, è di 1 miliardo di euro.
A questo punto, insieme a una trimestrale, la società X comunica che verrà effettuato uno split azionario con il rapporto di 4:1. Significa che ogni azione verrà suddivisa in 4.
Il milione di azioni diventano 4 milioni e il valore di ognuna di esse passerà da 1.000 a 250 euro. Il totale della capitalizzazione non cambia, sarà sempre di 1 miliardo.
Cosa cambia per l’azionista
Tipicamente per un socio della società non cambia assolutamente nulla, se non il fatto che vedrà più azioni in portafoglio ma ognuna a un valore più basso.
Continuando con l’esempio precedente, diciamo che voi avevate 10 azioni, dal valore di 1.000 euro ad azione, per un totale di 10 mila euro.
A un certo punto vi ritroverete con 40 azioni (rapporto di 4:1), ma ognuna varrà 250 euro, quindi il valore del vostro pacchetto azionario rimane sempre 10 mila euro.
Perché viene fatto uno split azionario
A questo punto la domanda è lecita: se per l’azionista non cambia nulla e per la società non cambia la capitalizzazione, perché viene fatto uno split azionario?
La risposta è semplice: perché per entrare nel titolo serve almeno la cifra per acquistare 1 azione. Quindi, i piccoli azionisti, in caso di mancato split, potrebbero essere tagliati fuori dalla possibilità di acquistare tale azioni.
Un esempio tipico è quello che abbiamo già citato, cioè Berkshire Hathaway di Warren Buffett: la società non ha mai effettuato uno split azionario e ha continuato a far crescere il proprio valore. Oggi una singola azione del Berkshire costa la bellezza di 472 mila euro. Sì, avete letto bene, per acquistare una singola azione servono 472 mila euro. Appare evidente che il 99% di chi sta leggendo questo articolo non si potrà mai permettere di acquistare un’azione di classe A del Berkshire.
Per evitare di perdere investitori (che sarebbero andati su piattaforme che frammentano le azioni, rivendendo una parte di esse), l’azienda dell’oracolo di Omah ha deciso di emettere delle azioni di classe B, senza diritto di voto, a un prezzo decisamente più abbordabile (oggi quotano intorno ai 310 $).
Come funziona uno split azionario
Lo split azionario tipicamente viene comunicato insieme a una trimestrale, nella quale di solito si comunica il rapporto di concambio.
Insieme al rapporto di concambio si comunicano anche due date:
- Record Date
- Data di distribuzione
La data più importante da conoscere è quella di Record Date, poiché quel giorno verrà fatta la conta delle azioni e relativi possessori. Il giorno dopo la Record Date l’azione varrà già in base al concambio, ma le nuove azioni non saranno ancora presenti nel vostro portafoglio. Diventeranno disponibili a partire dalla data di distribuzione.
Il prossimo split azionario
Nel momento in cui scriviamo, il prossimo stock split all’orizzonte è quello di Alphabet, cioè l’azione di Google. I dati comunicati sono i seguenti (da confermare ancora in un cda che si svolgerà prossimamente):
- rapporto di concambio è di 20:1
- Record Date: venerdì 1 luglio
- Data di distribuzione: 15 luglio
Diciamo che venerdì 1 luglio in chiusura l’azione di Alphabet varrà 3.000 $ e che in portafoglio ne abbiamo 3. Il lunedì successivo, quindi il 4 luglio, nel nostro portafoglio ci ritroveremo 3 azioni al prezzo ognuna di 150 $. Le ulteriori 57 azioni ci verranno date il 15 luglio. Quindi, ipotizzando che il prezzo non cambi nel mentre, il 15 luglio avremo in portafoglio 60 azioni (3 che possedevamo x 20 di split) al valore di 150 $, quindi gli stessi 9.000 $ che avevamo al 1 luglio.
Reverse stock split
Naturalmente esiste anche l’operazione contraria, cioè il reverse stock split. Si tratta di un’operazione molto meno comune e, tipicamente, quando viene annunciata non è un buon segno.
Facciamo l’esempio di un’azienda Y che ha quotato 10 miliardi di azioni al prezzo di 1 euro ciascuna, quindi il valore dell’azienda è scesa nel tempo e ora ogni singola azione vale 0,01 €. In caso di maggior discesa diventerebbe quasi imbarazzante leggere il valore dell’azione stessa, inoltre ci sono dei limiti minimi del valore, sotto i quali le borse non quotano nemmeno più l’azione stessa.
A questo punto la nostra azienda Y potrebbe decidere di accorpare le azioni attraverso un’operazione di reverse stock split, anche in questo caso verrebbero comunicati i dati come in precedenza ma il concambio è al contrario.
Possiamo per esempio dire che il concambio è di 1:100, quindi ogni 100 azioni che possediamo ci verrà data 1. Allo stesso tempo, il valore dell’azione passerebbe da 0,01 € a 1 € ad azione. L’azienda si troverebbe con 100 milioni di azioni, anziché 10 miliardi, ma con un valore di 1 €, considerando la storia dello stesso titolo, con molto spazio per continuare a scendere…