I FAANG, per chi non lo sapesse, sono le azioni delle 5 maggiori aziende tecnologiche: Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google. In realtà, avendo cambiato il nome, il motore di ricerca di Mountain View dovrebbe avere una A di Alphabet (quindi dovrebbe essere FAANA) ma ciò farebbe perdere l’associazione con il termine Fang che significa dente (o zanna).
Al di là del termine con cui vengono riconosciuti, queste aziende negli ultimi mesi sono cresciute ininterrottamente e oggi hanno dei valori di capitalizzazione senza precedenti. Apple è stata la prima a superare quota 1.000 miliardi di valore, seguita dopo qualche giorno da Amazon (che poi ha ripiegato).
Questi valori sono però corretti? Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare ogni singola azienda. Per farlo partiamo dai fondamentali:
Azienda | Prezzo azione | Capitalizzazione | P/E | EPS | ROE |
---|---|---|---|---|---|
163 $ | 463 mld $ | 26,02 | 3,30% | 27,25 | |
Apple | 218,37 $ | 1.054 mld $ | 23,70 | 4,21% | 36,87 |
Amazon | 1.926 $ | 947 mld $ | 427 | 0,32% | 9,55 |
Netflix | 368 $ | 159 mld $ | 256 | 0,34% | 20,37 |
Alphabet | 1.186 $ | 827 mld $ | 36,14 | 1,42% | 15,42 |
Da questi pochi dati si possono già notare alcuni aspetti importanti:
- Amazon è quella che rende meno sul capitale proprio (ha basso ROE e basso EPS)
- Nonostante la poca resa di Amazon, comunque risulta essere quella più premiata dagli azionisti, si nota dal P/E
- Google è l’azienda che riesce a far rendere meglio il proprio capitale
- Netflix è la più piccola della compagnia
Questi pochi punti già dovrebbero dare un segno chiaro di cosa sta bollendo in pentola, ma per essere più chiari proviamo ad analizzare azienda per azienda.
La stella creata da Mark Zuckerberg ha brillato fino alla fine del 2017, poi una serie di eventi l’hanno fatta opacizzare. Il proprio business è completamente basato sull’advertising e poggia le radici sui propri utenti.
Il caso di Cambridge Analytica ha messo a nudo il problema privacy nell’azienda di Menlo Park e il Social network ha iniziato a perdere investitori pubblicitari. Altro problema per l’azienda potrebbe essere la nuova legge sul Copyright appena approvata in Europa che costringerà la piattaforma a verificare il copyright di tutto ciò che viene caricato sul Social. Vorrà dire che Mark e soci dovranno fare dei grossi investimenti in soluzioni tecnologiche per arrivare a fare, almeno, quanto oggi già fa Youtube (che blocca video con copyright terzo).
Infine Facebook sta vivendo un cortocircuito non da poco: chi investe infatti su FB Adv lo fa, nella maggior parte dei casi, per aumentare la fanbase sullo stesso social network. E su questo non vengono venduti prodotti. Ecco perché Facebook si sta tanto adoperando per fare un marketplace. Altrimenti gli investitori torneranno a investire sui motori di ricerca e portare gli utenti nel proprio sito, dove i prodotti si vendono.
Se ci aggiungiamo che a livello tecnologico l’azienda ha pochi brevetti, che gli utenti più giovani stanno andando verso nuovi lidi, che WhatsApp e Instagram (che sono della stessa società) sono difficilmente monetizzabili, ecco che il quadro è completo.
In caso di esplosione di una bolla, Facebook potrebbe essere molto colpita. Ma anche qualora la bolla non esplodesse, i costi non potranno che lievitare e quindi gli utili diminuire. L’ultima trimestrale potrebbe essere stata un antipasto e, a meno che nella prossima trimestrale Facebook non faccia i miracoli, le azioni sono destinate a galleggiare su questi livelli ancora per lungo tempo.
Apple
Si tratta della prima azienda ad aver superato la soglia dei 1.000 miliardi di valorizzazione, il P/E non è elevato e gli investitori sanno che ogni volta la corporation di Cupertino si deve reinventare.
Ogni iPhone presentato deve essere migliore del precedente, ogni iPad deve cercare di dimostrare il suo valore e nuovi prodotti latitano. Da quando è morto Steve Jobs le novità sono state poche (Apple Watch, su cui Steve Jobs ha messo comunque la firma, e AirPods): un po’ poco.
In Apple lo sanno bene e infatti stanno cercando di diversificare gli introiti, puntando tantissimo sui servizi, su iCloud e sulle commissioni delle vendite inApp.
Per ora questo mercato regge e a differenza di Facebook, Apple può contare su innumerevoli brevetti che la rendono comunque inarrivabile. Inoltre finché l’iPhone sarà il telefono aziendale per eccellenza, Apple potrà dormire sonni tranquilli.
Guardando anche il P/E si nota come gli investitori gli abbiano dato già il prezzo corretto e in caso di bolla finanziaria questo titolo dovrebbe essere tra quelli che crollerà di meno. Quantomeno perché l’esplosione della bolla non porterà gli utenti finali a guardare altrove.
Il vero pericolo per Apple è la mancanza di innovazione e i concorrenti cinesi (Xiaomi su tutti) che spingono per erodere mercato. Altro pericolo potrebbe essere Donald Trump che vorrebbe obbligare l’azienda a costruire il telefono in America, con conseguenze mostruose sui costi.
Amazon
Guardando alla capitalizzazione è l’altra società che ha superato i 1.000 miliardi, anche se ha ripiegato immediatamente dopo. Il numero che salta all’occhio è il P/E elevato, troppo elevato: il mercato per ora dà fiducia all’azienda di Jeff Bezos, anche perché l’eCommerce continua a investire e tutto sommato sbaglia pochi colpi.
AWS (la piattaforma cloud di Amazon) va bene e attira clienti B2B che continuano a pagare delle commissioni fisse per poter avere i server di Amazon.
Il Prime è un’ottima soluzione che, oltre a dare le spedizioni gratuite, dà anche libri gratis, un’alternativa a Dropbox e fa concorrenza a Netflix grazie a Prime Video.
Proprio Amazon Prime è una buona revenue stream per Amazon, con utenti che ogni anno sono disposti a pagare una quota per avere il servizio; si tratta di un flusso di cassa costante che può anche aumentare visto l’aumento di servizi e quindi la rimodulazione del prezzo in atto oramai da anni.
Certo, un investimento oggi su Amazon è lungimirante, perché in divenire potrebbe essere la società, di questa allegra compagnia, che sta investendo di più e quindi che potenzialmente potrebbe portare più utili, ma attenzione, se la bolla sui tecnologici dovesse esplodere domani, con questo P/E alto, gli investitori saranno in fuga e tra tutte le società potrebbe essere proprio quella che vede il prezzo delle azioni perdere più valore.
Quindi investire su Amazon significa avere molta fiducia e sperare che la bolla, se deve esplodere, non lo faccia prima di un paio d’anni.
Netflix
Dall’EPS si nota subito come si tratti dell’azienda che rende meno agli investitori; oltre a essere la più piccola è anche quella con i costi più alti. Ancora sta facendo dumping, quindi offrendo sottocosto il proprio prodotto per creare un’utenza affezionata. Dovrà per forza di cose aumentare i prezzi, soprattutto perché è quella che paga il conto più salato sulla bolletta della banda utilizzata e, qualora il costo della banda aumentasse, sarà costretta ad aumentare il proprio di costo. A differenza delle altre, insieme ad Apple, è quella che non ha una propria soluzione Cloud e quindi presta il fianco a questi aumenti.
Inoltre Netflix sta facendo grossi investimenti in termini di produzioni, con Serie TV di primo ordine che hanno costi elevati di produzione. Vero che queste creano un valore difficilmente intaccabile, ma è anche vero che hanno un alto costo.
Gli investitori riconoscono questi investimenti e infatti in quanto a P/E è molto apprezzata; si tratta del secondo valore più alto tra le aziende FAANG. Vale lo stesso discorso di Amazon: se la bolla dovesse esplodere domani, visto il valore alto di P/E e la dimensione ridotta dell’azienda, potrebbe essere tra le aziende a perdere maggiore valore.
Condivide con Amazon e con Apple però anche un’altro aspetto: in caso di esplosione della bolla finanziaria gli utenti continueranno ad acquistare i prodotti di questa azienda, quindi potrebbe essere una delle prime a rialzarsi.
L’ultima nel nome FAANG ma la prima ad apparire sul mercato. Google, ribattezzata Alphabet da qualche anno oramai, è stata la prima società di questo gruppetto a essere sbarcata in borsa, nel lontano 2004.
Oggi, guardando i numeri, pare essere l’azienda più stabile, con un EPS degno e con un ROE decisamente buono, l’azienda di Mountain View si presenta come una certezza per gli investitori.
La capitalizzazione, se rapportata ad Amazon e Apple appare leggermente bassa ma ciò è dato dal fatto che il P/E è stato minato da multe della commissione europea negli ultimi periodi.
Questo è il vero rischio per questa azienda: l’Antitrust. Oramai Google fa tutto: motore di ricerca, mail, advertising, analytics, mappe, navigazione satellitare, comparatore di prezzi, comparatore di assicurazioni, social network, video network (con Youtube), sistema operativo (Android), browser (Chrome); insomma, tanti servizi, distanti tra di loro, che interagiscono mettendosi in risalto l’un l’altro. I competitor sempre di più, però, guardano a questa interazione con sospetto e rabbia con il risultato che gli antitrust hanno iniziato ad accendere dei fari sull’azienda di Sergey Brin e Larry Page.
Inoltre bisognerà vedere come finirà la questione copyright appena approvata dalla comunità europea. Infatti, insieme a Facebook, Google potrebbe essere quello maggiormente colpito ma, a differenza del Social network, Alphabet si trova già in una posizione di vantaggio: conosce già tutte le altre risorse presenti su Web, già fa un controllo del Copyright attraverso Google Images e Youtube e, infine, il suo AMP è in posizione di vantaggio rispetto a IA di Facebook. Infatti, in caso di reale approvazione della linktax (le piattaforme dovranno pagare per poter lanciare il contenuto di un editore), Google potrebbe spingere gli stessi detentori del contenuto verso la soluzione AMP, quindi essendo il contenuto caricato direttamente su Google decadrebbe la necessità di dover pagare per portare gli utenti sui siti terzi.
Una eventuale esplosione di bolla finanziaria sui tecnologici impatterebbe poco per il motore di ricerca più famoso: gli utili arrivano da advertising, da vendite inApp su Android, da Youtube Music (concorrente di Spotify), da vendita di smartphone e device (chromecast, ecc) e da una serie di voci più piccole che comunque, tutte sommate, danno una base importante.
Una diversificazione che mette al riparo la società da scossoni in borsa. Ovviamente in caso di bolla anche le azioni Google ne risentiranno ma in misura certamente ridotta e comunque potrebbero tornare velocemente a volare.
In conclusione
Come abbiamo visto il mercato dei FAANG è molto eterogeneo, con differenze molto marcate tra singole aziende. Sono poche le similitudini e normalmente riguardano uno dei tanti aspetti della società stessa.
Non possiamo predire se e quando esploderà una bolla finanziaria sui tecnologici. C’è da dire comunque che i prezzi ad oggi, soprattutto per alcune aziende, appaiono ingiustificati.
Ci sono aziende che stanno facendo dumping (Netflix) e che stanno investendo in prospettiva per il futuro (Amazon), se la bolla dovesse esplodere tra 2/3 anni probabilmente queste aziende sarebbero fuori pericolo e si troverebbero in una situazione di vantaggio; d’altro canto, se la bolla dovesse esplodere domani, queste aziende nel breve periodo sarebbero proprio le più esposte.
C’è un’azienda che ha poca base tecnologica e di proprietà, si tratta di Facebook, che ha ancora un business troppo debole e basato esclusivamente sulla privacy degli utenti (che mette a disposizione di investitori pubblicitari). In caso di bolla finanziaria verrebbe messa a nudo e comunque, per l’aria che tira sulla privacy, è quella che comunque rischia di più.
Poi ci sono aziende con un trackrecord oramai consolidato con brevetti importanti sul software e con un hardware che deve migliorare di giorno in giorno. I numeri, sia di Apple che di Google, confermano che si tratta di un investimento certamente più sicuro nel breve/medio periodo ma, se la bolla non dovesse scoppiare, non sarebbe l’investimento più remunerativo.
Su quale investire? Dipende da te che leggi, dalla tua propensione al rischio, da quello che valuti possibile in merito alla bolla finanziaria sui tecnologici. La vedi lontana? Investi su Netflix e Amazon. Pensi che i prezzi dei tecnologici sia alti? Stai lontano da queste azioni o investi in Apple/Google.
Forse quella che ci sentiamo di sconsigliare è proprio Facebook: un’azienda debole che basa il proprio business su una property che potrebbe scomparire con la nascita di un nuovo social network. Per esempio: se Google rilanciasse G+ mettendo i risultati sulle SERP del motore di ricerca, dove andranno i brand? E gli utenti? Ecco, queste sono domande da porsi.