Ex Titoli FAANG nuovi MAMANA
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C’erano un tempo i titoli FAANG, i quali corrispondevano a Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google. Poi, causa rebranding delle società capogruppo (Facebook è diventato Meta Platform e Google è diventato Alphabet), la sigla potrebbe diventare MAANA, ai quali aggiungiamo noi anche Microsoft, in una nuova sigla che potrebbe essere MAMANA.

Ecco, in questi giorni i titoli MAMANA stanno avendo delle variazioni di prezzo molto importanti. Ha iniziato Netflix, il quale ha presentato dei risultati della trimestrale ottimi, ma ha modificato la guidance, indicando per il trimestre in arrivo un calo del numero dei nuovi abbonati: 2,5 milioni secondo l’azienda, rispetto ai 4 milioni che si aspettavano gli analisti. Risultato un crollo del 25% nel giro di un paio di giorni.

Poi ha continuato Alphabet, la quale ha stupito in positivo gli investitore, facendo registrare dei picchi del 10% nel primo giorno di contrattazioni. Infine lo stesso destino è toccato ad Amazon, con gli analisti che si aspettavano un EPS relativamente basso e l’azienda ha annunciato utili per (quasi) 10 volte ciò che si aspettavano gli analisti; risultato un (circa) 10% nel primo giorno di contrattazioni. Dulcis in fundo, Meta Platform (già Facebook) che non si è discostata di molto rispetto a quanto si aspettassero gli analisti, ma per la prima volta nella sua storia ha comunicato un calo di utenti attivi giornalieri… apriti cielo, perso il 25%.

Le uniche che hanno lasciato abbastanza “tranquilli” gli investitori sono state Apple e Microsoft, che in questo gruppetto sono anche, probabilmente, le aziende più mature.

Ma un investitore di lungo corso, come vogliamo essere noi, non bada ai risultati di una singola trimestrale (cosa sono 3 mesi in confronto a 5/10 anni?), piuttosto si concentra sulle prospettive a lungo periodo. Ecco, allora questo andiamo a fare, analizziamo, una a una, le aziende del settore tech, cercando di comprendere quali sono le prospettive e dove andremo a parare tra qualche anno.

Per farlo seguiamo l’ordine del nome FAANG, al quale aggiungeremo, alla fine, Microsoft.

Meta Platform (ex Facebook)

Partiamo quindi dalla F di Facebook o, dovremmo dire, dalla M di Meta Platform. Tutto sommato, a guardare i numeri, la trimestrale di Facebook/Meta è stata anche ottima, rispetto a 12 mesi prima i ricavi sono stati in aumento del 19,9% (33,7 miliardi contro i 28,1 del Q420), utili invece in linea (10,3 contro 11,2), con una perdita dell’8%.

Se invece guardiamo all’intero anno, chiusosi in concomitanza con questa trimestrale, abbiamo ricavi per 117,9 miliardi, in aumento del 37% rispetto ai 12 mesi precedenti (86 miliardi) e utili a 39,4 miliardi rispetto ai 29,1 dell’anno precedente, quindi con un aumento del 35%.

Insomma l’azienda, per quanto riguarda i bilanci, è in continua crescita, ma il mercato sconta il futuro e quindi l’annuncio della perdita di un milioni di utenti (a livello globale) ha spaventato gli investitori.

Ma come già anticipato, su questo sito preferiamo guardare le aziende in prospettiva, andando a indagare più in là di un singolo trimestre e possibilmente anche di una singola annualità.

Partiamo con un pro e un contro:

  • Pro: tra quelle in oggetto è l’unica che sta veramente investendo nel Metaverso, questo potrebbe essere un vantaggio nella misura in cui il metaverso realmente dovesse diventare qualcosa di concreto. Al momento stiamo parlando, più o meno, di “aria fritta”.
  • Contro: tra le aziende qui analizzate (Netflix a parte) è quella che possiede meno brevetti (5.683), quindi quella che basa la propria fortuna più sugli utenti che utilizzano i servizi rispetto alla tecnologia

Partiamo analizzando il contro, cioè il numero di brevetti: 5.683 per un’azienda delle dimensioni di Facebook, che è attiva oramai da oltre un decennio, è veramente poca cosa. Stanno ponendo rimedio registrando patents sulle tecnologie del metaverso, ma questa è una forte scommessa. Se il metaverso dovesse rappresentare una meteora, come è già stato varie volte in passato, allora Facebook avrà impegnato risorse, brevetti e soldi su qualcosa destinato a morire.

La vera ricchezza di Meta Platforms, al momento, sono gli utenti: chi non ha WhatsApp? Chi non conosce Facebook o Instagram? Ma basare l’intera ricchezza sugli umore degli utenti potrebbe non essere una gran mossa, soprattutto quando questi utenti sono privati su un mezzo per distrarsi.

Apple

La seconda e la terza lettera sono entrambe A, quindi avrebbero una valenza duplice, sia per Apple che per Amazon. E a ben vedere entrambe le società si somigliano, in quanto a prospettive e maturità.

Ma partiamo con Apple che, tra le due, è certamente quella con qualche primavera in più. Nel 2011, con la morte di Steve Jobs, si disse che l’azienda sarebbe andata in brutte acque, senza più innovazione… dopo 10 anni possiamo affermare che quelle paure erano esagerate.

Apple è viva e vegeta e benché gli ultimi dati di vendita di iPhone, il prodotto principale della mela morsicata, non sia più a livelli di qualche anno fa, l’azienda ha saputo più volte innovare e progettare device che hanno rivoluzionato il mercato (AirPods vi dice nulla, per esempio?).

Se un grande investitore come Warren Buffett, attraverso la sua società Berkshire Hathaway, impegna circa il 40% del proprio capitale nelle azioni dell’azienda di Cupertino un motivo ci sarà…

Tralasciando trimestrali e altri dati di bilancio, che per Apple sono un costante crescere, guardiamo quindi alle prospettive sul medio/lungo periodo, con un occhio agli ultimi anni.

Apple, dopo aver sviluppato ed essersi concentrata principalmente sull’iPhone, negli ultimi anni ha ricominciato a innovare, trovando nuove soluzioni per aggiungere revenue stream alle proprie casse. Tra gli ultimissimi device creati troviamo certamente AirPods e AirTag, due device wearable che stanno vendendo molto bene.

Ma la vera innovazione di Apple è sotto la scocca, infatti la società ha concentrato gli ultimissimi periodi nello sviluppo di tecnologia in grado di abbattere qualsiasi competitor. Ecco quindi, per esempio, la creazione dei propri processori, con la linea A per i device portable (iPad e iPhone) e la linea M per i MacBook.

Proprio con i MacBook, nell’ultimo anno ha dato una sterzata netta; infatti il Macbook stava diventando sempre più un device medio/alto che poco si distingueva dalla concorrenza e anche i prezzi ne risentivano.

I nuovi MacBook 2021, basati su processore M1, hanno rivisto i prezzi al rialzo, impostando un nuovo livello all’asticella per i competitor e, soprattutto, a detta dell’intero mercato, hanno alzato le prestazioni a qualcosa mai visto prima. Insomma, chi acquista oggi un portatile, se vuole un top di gamma, non può far a meno di guardare verso Cupertino.

Infine, a differenza degli altri competitor in questa lista, Apple sta creando un proprio solco da seguire, differente rispetto agli altri. Infatti mentre Amazon, Google, Netflix e compagnia si stanno uccidendo sul Web, Apple mantiene il focus sull’hardware e sul software, con poche fuoriuscite da questo percorso.

Amazon

Quindi continuiamo con la terza lettera, quindi la seconda A e questa volta analizziamo Amazon. E dopo aver analizzato un’azienda che sta facendo la propria ricchezza attraverso l’hardware, torniamo a parlare di Web.

Amazon è nata vendendo libri su Internet, sembra oramai un’era fa, eppure sono passati appena più di 10 anni da quando Amazon è diventata quello che conosciamo oggi (azienda fondata nel 1994 da Jeff Bezos, ma il vero cambio passo è stato fatto alla fine degli anni 2000).

Se chiedete a 10 persone in strada cosa fa Amazon sicuramente vi risponderanno “commercio elettronico“, infatti per questo è conosciuta dalla massa. Ma in realtà il vero valore di Amazon non è oramai nella vendita di prodotti attraverso il proprio store, quando nel settore AWS, cioè servizi SaaS per altre aziende.

Attraverso AWS le aziende di tutto il mondo possono approdare su cloud, con software già preconfezionati per rispondere alle più svariate esigenze. Quella che era la piattaforma su cui si appoggiava Amazon è stata pacchettizzata, sviluppata e venduta ad altre aziende.

Ciò è un valore inestimabile per Amazon, poiché un grosso sito, che ha allargato i propri tentacoli su svariati servizi offerti da AWS, prima di abbandonare Amazon per andare altrove ci penserà molte volte. Un business quindi molto stabile e anche qualora (per assurdo) lo store di Amazon fosse chiuso possiamo stare certi che l’azienda sarà dura a morire.

Tutto ciò senza dimenticare il mondo Echo e gli assistenti virtuali che ci stiamo posizionando in casa e che ci permettono di accedere ad altri innumerevoli servizi di Amazon (Prime Music, Prime Video, ecc).

Insomma, sulla base del cloud, Amazon sta allargandosi a macchia d’olio e oramai è nella vita di chiunque di noi, anche di coloro i quali non sono clienti dell’azienda di Seattle.

Netflix

A ben guardare le capitalizzazioni di mercato, Netflix non dovrebbe nemmeno esserci in questa stretto gruppo di aziende. Infatti il servizio di streaming televisivo è, tra le 6, l’azienda più piccola e, a differenza delle altre, si concentra solo su un aspetto, senza variare su altri segmenti di mercato.

Infatti Netflix non ha servizi cloud, non ha servizi Web che non siano quello che è il suo core business né è probabilmente interessata a espandersi verso altri lidi. Netflix è un servizio di streaming di film e serie TV, lo fa bene e rappresenta, a tutti gli effetti, la TV del futuro.

La penetrazione di mercato è ancora abbastanza bassa, non a caso gli investitori guardano ai nuovi abbonati più che ai dati di bilancio. Per tale motivo, alla comunicazione di un rallentamento sulle nuove sottoscrizioni, il titolo è crollato in borsa.

Allo stesso tempo, però, Netflix sta aggiungendo titoli alla sua già folta libreria, sia acquisendo diritti di trasmissione che producendo film e serie TV, sempre apprezzate dagli utenti.

Tra le 6 aziende è certamente quella più “immatura” e che può scalare di più il mercato; infatti possiede ancora ampi bacini di aree del mondo da raggiungere e, anche dove ha già una presenza, ci sono target enormi non ancora toccati.

Google (Alphabet)

Chiudiamo la vecchia sigla FAANG con Google, che in realtà da qualche anno si chiama Alphabet. Non basterebbe un intero libro per descrivere tutte le attività e gli interessi dell’azienda di Mountain View, figuriamoci se riusciamo a essere esaustivi con un capitolo all’interno di un articolo… impossibile.

Detto ciò proviamo a elencare i servizi principali e il core business dell’azienda:

  • Google
  • YouTube
  • AdSense/Google Marketing
  • Google Business
  • Cloud
  • Google Maps
  • Google services (Analytics, API, ecc)

E questa è una breve lista, veramente poco esauriente. Nata come motore di ricerca, ha ben presto affiancato la prima piattaforma automatica di advertising (AdSense/AdWords) la quale è riuscita a dare una base solida ai ricavi della società.

Attraverso acquisizioni a pioggia è riuscita ad allargarsi in molti altri campi, facendo fruttare molti dei servizi che sviluppa. A oggi il grosso del proprio successo si ha attraverso la pubblicità, che veicola su Google, su YouTube e sui siti che si affiancano ad AdSense, oltre che nel mondo business attraverso il cloud (qui competitor di Amazon), SaaS e Google Business (servizi di posta elettronica, documenti, spazi hosting, ecc).

Se proprio dobbiamo trovare una pecca in Alphabet, questa è il fatto che non è mai riuscita a creare un ecosistema per le aziende, lasciando questo mercato a Office365 di Microsoft. Manca di un servizio come Teams ma in compenso riesce a dare molti altri servizi senza rinchiudere le aziende dentro l’ecosistema.

Da qualche tempo, attraverso Google Stadia (competitor di Xbox di Microsoft) sta cercando di invadere il mercato dei videogames, inoltre è già forte la presenza su Mobile (Android) e su Web (oltre ai siti, anche con Chrome).

Se Apple è riuscita a creare degli ecosistemi con l’hardware e Microsoft, per le aziende, con Office 365, Google comunque eccelle su vari ecosistemi, principalmente Web per utenti privati.

Attraverso Other Bets Google prova a creare un lab per entrare in mercati futuri, come per esempio Waymo, il programma di guida autonoma di vetture, piuttosto che Nest, che include tutto ciò che riguarda l’ambiente domestico (come per esempio Google Home).

Ci sarebbe molto di cui parlare per Google, ma giusto come riferimento basta dire che tra quelle in esame è l’azienda con più brevetti registrati e accettati, ben 34.188, circa 7 volte quelle di Meta Platforms. In pratica Alphabet, anche sparissero gli utenti dai suoi servizi (impossibile) potrebbe probabilmente sopravvivere grazie ai brevetti registrati e di cui non si può far a meno.

Microsoft

Ed ecco quella che, secondo noi, è una corretta aggiunta alla vecchia sigla. Microsoft, passata inosservata negli anno scorsi, si sta muovendo con le idee molto chiare e con un business che ha un grande respiro.

Fatta pulizia su alcuni business oramai persi, come per esempio i sistemi operativi mobile, piuttosto che la produzione di hardware su larga scala, il CEO Satya Nadella, alla guida di Microsoft oramai da 7 anni, ha concentrato le proprie risorse su pochi punti, diventando per questi il riferimento assoluto.

Un esempio di ciò è Office 365, una suite di software che creano un ecosistema intorno alle aziende. Grazie anche al Covid, non esiste azienda di una certa dimensione che non ha adottato questa soluzione, con comunicazione interna intorno a Teams, e con una serie di servizi a corredo (InTune, le licenze per Office, Outlook, ecc).

In parallelo, un secondo pillar fortemente sviluppato negli anni è stata la piattaforma di gaming, con Xbox come capogruppo e gli abbonamenti a Xbox pass come cavallo di battaglia. La crisi dei chip ha leggermente avvantaggiato Microsoft rispetto a Sony e l’azienda di Redmond ne ha prontamente approfittato.

Infine rimangono in piedi i vecchi stream di introiti come il sistema operativo Windows e il mondo Web con MSN e Bing. Ma che negli anni contano sempre meno rispetto al totale delle attività di MS.

Conclusione

Facendo un punto finale su quanto ci siamo detti, appare evidente come in questo gruppo di aziende ce ne sono alcune che sono passate da azioni growth a value, ciò perché hanno consolidato business e sono oramai delle certezze. Tra questi ci sono certamente Microsoft, Apple, Amazon e Alphabet.

Dall’altro lato ci sono aziende ancora molto sensibili a variazioni del mercato, come per esempio Netflix e Meta Platforms, le quali possono subire grandi variazioni di prezzo in base ai comportamenti dei propri utenti.

I prezzi delle azioni Tech, in generale, sembrano un po’ “tirati” soprattutto per alcune aziende che ancora hanno da dimostrare quanto possono crescere in futuro. Stiamo però andando verso un anno che si presenta come molto volatile e i titoli growth subiranno molto i sali/scendi del mercato.

Di contro ci sono alcune aziende oramai stabili e che sono riuscite a inserirsi in mercati di difficile sostituzione (pensiamo a un’azienda che deve sostituire Office 365 con qualcosa altro oppure un’azienda con decine di servizi SaaS su AWS che deve passare ad altro player…), queste aziende hanno guadagnato una posizione stabile e difficile da attaccare, inoltre sono le stesse aziende che presentano un P/E tra i più bassi, quindi anche in caso di crisi o di volatilità sono le aziende che subiranno di meno.