Il Corona Virus, con i relativi lockdown ha certamente costituito un problema dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista delle forniture.
Infatti, durante i primi mesi di lockdown, quindi in primavera del 2020, si ha avuto un crollo della produzione dei chip, i quali sono tornati alla normalità tra maggio e giugno del 2020. Il successivo aumento di vendite, di automobili e tecnologia, ha costituito però un problema di richiesta a cui i produttori hanno risposto con lentezza.
Si arriva quindi agli ultimi mesi, nei quali tanti produttori segnalano carenze e ritardi di chip che sono alla base di varie industrie.
Ovviamente con una maggior domanda e un’offerta stabile (o addirittura in calo) si è assistito anche ad aumenti dei prezzi, con alcuni particolari chip che hanno raggiunto prezzi del 15% maggiori, rispetto al valore preCovid.
Settore tecnologico
Il principale settore che fa uso di chip è quello tecnologico e qui si hanno le problematiche maggiori.
L’ha segnalato Apple, la quale ha in FoxConn il principale produttore di device, i quali hanno segnalato ritardi nella produzione dei nuovi iPhone 12.
In particolar modo viene colpito tutto il mondo dei device 5G e quindi anche Qualcomm, produttore dei principali motherboard per device Android, registra il medesimo problema e annuncia che il problema dovrebbe durare fino a 6 mesi.
Allarmi lanciati anche dall’Europa, con NXP Semiconductors e Infineon Technologies AG che si aggiungono al coro.
E come trascurare Sony, la quale è in fortissimo ritardo sulla produzione e consegna della nuovissima PlayStation 5, la quale viene usata dai bagarini che acquistano a prezzi “normali” per rivendere sul mercato a prezzi superiori.
Settore automobilistico
Ma il settore tech non è l’unico a fare ampio uso dei chip, medesimo uso lo fanno anche le case automobilistiche, soprattutto quelle con un forte cuore elettrico.
Il settore automobilistico, con il crollo delle vendite di auto nei primi mesi dell’anno e la conseguente esplosione delle immatricolazioni in estate/autunno (anche grazie a incentivi a pioggia che sono arrivati in tutto il mondo) è stato causa ed effetto, ma allo stesso tempo ora paga le conseguenze di questa carenza.
Sono molte le case automobilistiche che hanno bloccato o rallentato la produzione di auto, come per esempio Subaru che ha ridotto le stime di vendita, portandole a sole 43 mila unità, contro le 868 mila stimate in precedenza.
A questo si sommano anche i problemi legati al Covid che è non ancora stato completamente domato, ed è così che praticamente tutto il comparto auto asiatico (Toyota, Nissan, Honda e Mazda) hanno bloccato alcuni impianti e annunciato riduzioni di vendita.
Problema che però non tocca solo l’Asia ma si allarga a tutto il mondo, con General Motors che anticipa che la carenza di chip potrebbe durare fino a fine anno (e considerato che siamo a febbraio e un danno non da poco). Dalla società fanno sapere che:
Nonostante i nostri sforzi, la carenza di semiconduttori avrà un impatto sulla produzione di GM nel 2021
GM sulla carenza di chip
L’altra casa automobilistica americana, la Ford, ha eliminato due interi turni di lavoro, limitando la produzione a un solo turno da 8 ore, e prevede cali tra il 10 e il 20% del venduto.
Colpita anche l’Europa, con Stellantis costretta a bloccare le produzioni di Opel a Eisenbach, in Germania, e di Citroen a Saragozza, in Spagna. Renault invece non si concentra su singoli stabilimenti ma abbasserà la produzione ovunque, quindi in Francia, Romania e Marocco.
Volkswagen, principale produttore mondiale di auto, non ne è esente e anzi è stata la prima, già a dicembre dell’anno scorso, a lanciare l’allarme e ad abbassare la produzione.
Case europee che cercano di affrontare insieme il problema, con un incontro in Francia nei prossimi giorni.
Non tutti i settori sono uguali
Quello delle auto è certamente il settore più colpito, poiché il forte aumento della domanda di veicoli nell’estate/autunno era inatteso e ha messo in difficoltà i produttori che, generalmente, lavorano su una programmazione trimestrale.
Oltre a ciò, il settore automobilistico ha bisogno di chip poso sofisticati ed è disposto a pagare questi chip a prezzi molto bassi. Per questo motivo, quando gli ordini si sono intensificati, i produttori di semiconduttori hanno dato la precedenza ad alcuni settori facendo rallentare altri.
Un sensore per il parcheggio è certamente meno sofisticato e meno costoso di chip per smartphone, quindi priorità a chi ha margini più alti rispetto a chi margina molto meno.
Per questo motivo non notiamo allarmi dal settore salute, per esempio, poiché il margine per la produzione di device per le operazioni o per interventi è ben più alto di qualsiasi altro mercato.
Giusto per fare un esempio, il sistema DaVinci, prodotto da Intuitive Surgical per micro operazioni, arriva a costare intorno a 2 milioni di dollari a installazione; appare quindi evidente che per questa azienda non ci sarà mai un problema finché sarà affiancata a produttori di veicoli che hanno una tecnologia basilare e dei costi del venduto relativamente bassi.
Le società produttrici di semiconduttori
Naturalmente le società produttrici di semiconduttori non stanno ignorando il problema. Il mercato vede una sorta di monopolio asiatico, con la taiwanese TSMC che guida la classifica (28% di quota di mercato), seguita dalla connazionale Umc (13%), dalla cinese Smic (11%) e dalla koreana Samsung (10%).
Proprio Samsung, che oltre a produrre chip realizza anche smartphone, ha dichiarato che stanno lavorando a un’espansione della capacità produttiva.
Spesso si indicano Apple, ARM, Nvidia e la stessa Qualcomm come produttori di semiconduttori, ma ciò è errato poiché queste aziende realizzano solo la progettazione, lasciando ad altre compagnie il ruolo della realizzazione.
Vista la crisi di sistema, le aziende più reattive potrebbero velocemente guadagnare quote di mercato. Un’occasione per Intel che sta osservando un crollo del proprio lavoro a causa della decisione di Apple di progettare da sé i semiconduttori per i device della mela.