Era ampiamente previsto e alla fine è arrivato, ecco che TIM presenta il terzo Profit Warning dell’anno. Un atto dovuto, da parte del nuovo management, insediatosi poche settimane fa.
La nuova carica di Pietro Labriola, direttore generale di TIM, porta con sé, come fatto anche da Luigi Gubitosi nel momento del proprio insediamento, un azzeramento delle attese sui profitti e d’altronde, a guardare i numeri dei primi 9 mesi dell’anno in corso, non si poteva immaginare qualcosa di differente.
Si da la colpa all’accordo raggiunto in estate con DAZN, per la vendita di pacchetti sulla Serie A. La realtà è che quella di DAZN è stata solo l’ultima follia fatta nella gestione di TIM nell’ultimo decennio. A dirlo non siamo certo noi ma i bilanci dell’azienda. A ben guardare, infatti, i 19,8 miliardi di ricavi di 4 anni fa (anno 2017), si scontrano con i nemmeno 12 che si dovrebbero raggiungere quest’anno. La storia non cambia se si guardano gli utili, poiché nel 2017 si registravano 1,1 miliardi, mentre quest’anno si chiuderà con qualche centinaio di milioni, a meno di brutte sorprese degli ultimi mesi. E non ci si lasci ingannare dai 7,2 miliardi del 2020, poiché sono figli di eventi straordinari.
E questo se ci limitiamo al 2017 come anno di confronto; se andiamo più indietro la situazione certo non migliora. Nel 2011 TIM valeva circa quanto la spagnola Telefonica, la quale oggi vale 4 volte la concorrente italiana.
Passando invece al debito, insieme al profit warning viene segnalato come il debito netto dell’azienda aumenta da 17 a 17,6 miliardi.
L’offerta di KKR
Sulla base di queste proiezioni e con questi dati, i calcoli che avevamo fatto per comprendere il valore di TIM, a seguito dell’offerta da parte di KKR, vanno un po’ a farsi friggere, poiché è vero che forse l’azienda vale un po’ di più rispetto a 0,505 euro ad azione offerta dal fondo americano, ma è anche vero che si tratta di un’azienda che si sta piegando su sé stessa.
E proprio su queste basi ci si chiede come faccia il Consiglio di Amministrazione a concedere l’autorizzazione per la Due Diligence.
Anche perché, stante così le cose, KKR potrebbe decidere di ritirarsi, con una evidente perdita per gli azionisti, soprattutto per quelli più piccoli, oppure alzare leggermente l’offerta stessa e farla diventare ostile.
Da osservatori, non riusciamo a comprendere come il pmc di Vivendì (dovrebbe essere intorno a 0,80 euro) o di Cassa Depositi e Presiti, possa dirigere le scelte del managment, il quale dovrebbe fare gli interessi di tutti gli azionisti e non solo dei principali che esprimono consiglieri.
Forse l’offerta sarà bassa, forse KKR cercherà di fare il colpaccio, forse l’azienda varrà di più, ma è il mercato che deve scegliere e non i consiglieri espressi da una piccola quota di azionisti.