Ci eravamo lasciati con KKR che aveva offerto 0,505 € per ogni azione di TIM, proposta finita sul tavolo del management della società di Via Gaetano Negri ma che è stata più volte rimandata.
L’idea dell’amministrazione dell’ex monopolista era quella di creare un piano ambizioso e stand-alone, senza bisogno quindi di cedere nessun asset, né tantomeno di vendere la società. L’idea degli azionisti di maggioranza (Vivendì con il 23,70% delle quote e Cassa Depositi e Prestiti con il 9,81%) era quella di creare valore attraverso la separazione della rete dai servizi.
La nascita del piano industriale è stato quindi guidato da questa idea, con il nuovo AD Pietro Labriola che il 3 marzo ha alzato il velo sul piano industriale 2022/24.
La delusione per un piano poco innovativo e poco coraggioso si è subito vista in borsa, laddove il titolo ha perso, nelle due sedute successive, circa il 29%. Una sonora bocciatura perché l’idea di separazione poteva anche andar bene, a patto che creasse valore; invece dal piano industriale appare molto evidente come l’enorme sforzo per dividere la società presentava dei target finanziari molto modesti, con sostanzialmente uno status quo rispetto ai risultati attuali.
E considerando che i risultati attuali sono stati un rosso di circa 8,7 miliardi, appare evidente come lo status quo, con in aggiunta nuovo debito (3,7 miliardi) per acquisire Oi in Brasile e per dividere la rete, non possono essere qualcosa di accettabile.
Il mercato quindi si aspettava un piano più coraggioso e una vera alternativa all’offerta di KKR, tale per cui potesse essere messa in ombra proprio l’offerta del fondo americano.
Inutile dire che Pietro Labriola è stato tirato per la giacchetta dal mercato e ha dovuto gettare acqua sul fuoco, predicando calma e sottolineando come la reazione della borsa fosse prevedibile.
Noi ci chiediamo come possa essere prevedibile che il prezzo dell’azione scenda alla metà rispetto all’offerta di KKR, perché se veramente l’avevano previsto allora non stanno facendo gli interessi degli azionisti (e questo sarebbe grave); se invece non l’avevano previsto (e ci chiediamo come facciano considerando il debole piano industriale stesso) la situazione è ancora più grave, perché l’azienda è guidata da gente che non ha idea di cosa sta facendo. In entrambi i casi il nuovo management non ci fa una bella figura.
E a pensarlo, visti i risultati in borsa, non siamo solo noi…
Per fortuna, la notizia di oggi è che una parte del consiglio, espressione degli amministratori indipendenti, sarebbe intenzionata a non abbandonare il tavolo delle trattative con KKR. Teoricamente la proposta sarebbe ancora sul tavolo, ma è veramente poco credibile che il fondo americano confermi quelle valutazioni a fronte di una due diligence che, a questo punto, farebbe emergere il reale valore della società.
Indiscrezione del quotidiano Il Messaggero, di oggi, dicono che KKR in realtà sia ancora interessata all’acquisizione, ma con dei prezzi che sono certamente da rivedere alla luce di quanto emerso. Si vocifera di un adeguamento dell’offerta a 0,40 € per azione. Se le voci fossero confermate sarebbe molto grave il fatto che due azionisti di riferimento, Vivendì e CDP, abbiano sostanzialmente fatto perdere tempo e denaro al restante 66% degli azionisti che, in tutta questa storia, sono stati solo spettatori senza voce in capitolo.
Si parla di un cda per il 13 marzo con all’ordine del giorno la valutazione dell’offerta di KKR (speriamo la vecchia e non la nuova), rimaniamo in attesa per comprendere cosa ne uscirà. Intanto Equita sull’argomento scrive:
La situazione rimane molto incerta: ai prezzi correnti ci sembra che il titolo non stia prezzando più alcuna ipotesi speculativa, che rimane a nostro avviso improbabile, vista la posizione di Vivendi e CdP che paiono fermamente a supporto del piano stand-alone, ma non impossibile. Non si registrano commenti dal governo, che pensiamo sia innanzitutto interessato all’esecuzione dei progetti del Pnrr
Equita sulla situazione di TIM