Fusione tra Intesa Sanpaolo e UBI Banca
Fusione tra Intesa Sanpaolo e UBI Banca

L’Offerta di Intesa Sanpaolo su UBI Banca è certamente l’OPAS dell’anno e costituire la prima operazione di un certo rilievo dopo anni di sostanziale inattivismo.

La banca guidata da Carlo Messina è venuta allo scoperto a inizio 2020, dichiarando il suo intento ad acquistare UBI Banca; da allora è successo di tutto, compresa una pandemia.

Nonostante ciò Intesa ha proseguito per la sua strada, offrendo 17 azioni di nuova emissione contro 10 di UBI e impostando una roadmap che porta l’OPS ad avere inizio il 6 luglio per concludersi il 28 dello stesso mese.

Proprio durante il periodo di OPS, anche a causa degli scarsi risultati avuti (il 3% delle azioni UBI scambiate a metà periodo), il management di Intesa Sanpaolo decide di aumentare la posta in gioco e aggiungere 0,57 euro per ogni azione UBI. L’OPS diventa così un’OPAS e va a segno, permettendo lo scambio del 90,2% di azioni di UBI.

Intesa diventa la proprietaria di UBI e imposta la roadmap per la fusione.

Ma andiamo con ordine e vediamo tutta la storia.

Offerta per UBI Banca da parte di Intesa Sanpaolo

L’offerta, ufficialmente è un’OPS (Offerta Pubblica di Scambio volontario), volta ad acquisire il 100% della società preda per poi portare a termine il delisting e la fusione.

I punti principali sono i seguenti:

  • Intesa Sanpaolo offrirà 17 azioni di nuova emissione (già accordate dal cda) per ogni 10 di UBI possedute
  • Circa 4/500 filiali verranno immediatamente cedute a BPER Banca
  • Cessione di alcune attività assicurative secondarie a UnipolSai, facenti parte delle filiali vendute a BPER
  • Offerta condizionata al raggiungimento del 66,67% di azioni UBI scambiate (ma si procede anche con il 50% + 1 azione)
  • Aggiunta successiva di 0,57 euro per ogni azione UBI (da OPS si passa quindi ad OPAS)

Benché i punti principali dell’offerta siano quelli appena scritti, la complessità dell’operazione è tutt’altro che lineare.

Le date dell’OPAS

Con l’autorizzazione del 26 giugno della CONSOB, arrivano anche le date ufficiali dell’OPS.

Benché nel momento della partenza manchi ancora l’ok definitivo dell’antitrust, l’OPS va in scena il 6 luglio e si conclude il 28 luglio.

Probabilmente dall’antitrust arriverà un ok condizionato.

17 azioni ogni 10 di UBI

L’offerta iniziale non è in denaro ma di scambio carta contro carta, quindi Intesa Sanpaolo offre 17 azioni ISP contro 10 di UBI.

Nel momento della presentazione dell’offerta, per i valori delle due azioni, ciò implicava un’offerta di € 4,254 per ogni azione UBI, con un premio del 23% circa (dopo la distribuzione del dividendo).

Le nuove azioni di Intesa Sanpaolo sono state emesse grazie a un consiglio di amministrazione, tenutosi il 27 di aprile del 2020, con voti favorevoli per 98,04%.

Quindi Intesa Sanpaolo, poco dopo l’annuncio dell’offerta, ha emesso e ha già in portafoglio le nuove azioni per offrirle agli azionisti di UBI.

Filiali da cedere a BPER Banca e assicurazioni a UnipolSai

Partiamo dalle circa 500 filiali che saranno rilevate da BPER Banca e per le quali la stessa banca emiliana ha già messo a disposizione fino a 1 miliardo di euro reperito attraverso aumento di capitale, già interamente pre-sottoscritto da Mediobanca.

Ovviamente questa operazione è volta a evitare guai con l’antitrust poiché, con l’acquisizione di UBI, in alcune aree d’Italia si avrebbe un’eccedenza di sportelli con la conseguenza che per un cliente diventa impossibile scegliere tra la concorrenza, poiché ISP avrebbe un sostanziale monopolio.

Gli sportelli che andranno a BPER sono distribuiti in quasi tutta Italia ma con una concentrazione maggiore nelle Marche, in Lombardia e in Puglia.

L’Accordo con BPER Banca include il solo network bancario (filiali e relative attività e passività).

Le attività assicurative presenti nelle filiali da cedere a BPER Banca andranno invece a UnipolSai, il cuo proprietario, Gruppo Unipol, detiene quasi il 20% di BPER Banca.

Sinergie, utili e peso del nuovo gruppo nascente

L’operazione su UBI, per come è stata illustrata da Intesa Sanpaolo, avrà dei forti impatti sulla dimensione e sul prestiglio della Ca’ de Sass.

Intesa Sanpaolo, infatti, dopo l’acquisizione di UBI, passerà dalla posizione 11 alla posizione 7 nel Ranking per Proventi operativi netti a livello europeo, mettendosi allo stesso livello di Crédit Agricole e di Deutsche Bank; se invece guardiamo il Ranking per Capitalizzazione di borsa, la nuova entità passerà manterrà la terza posizione ma aumenterà il valore di circa 4 miliardi, avvicinandosi un po’ di più a Santander e BNP Paribas, che guidano questa classifica nella comunità europea.

Insomma, la nuova entità sarà realmente un player europeo e non solo la maggior banca italiana.

Le sinergie calcolate sono di circa 680 milioni entro il 2023 e con ulteriori 50 milioni di euro calcolati sul 2024.

Per quanto riguarda i costi di integrazione, come segnalato da Intesa Sanpaolo, la stima è di circa 1,2 miliardi di euro, che comunque vengono ripagati dai goodwill che nasceranno dall’operazione. Quindi per gli azionisti non ci sarà alcun impatto.

Crediti deteriorati della nuova aggregazione

Intesa Sanpaolo, in Italia, è una delle migliori banche per quanto riguarda i crediti deteriorati, UBI ha una buona posizione ma l’aggregazione certamente avrebbe un po’ di lavoro da fare.

La percentuale di NPL è del 7,6% nel 2019 per ISP (il peso degli NPL UBI è irrilevante e lascia il ratio dell’aggregato a 7,6%), che diventa <7% con l’entità aggregata nel 2020 e < del 5% nel 2021.

Per quanto riguarda la copertura degli NPL, questa passa dal 54,6% di ISP (UBI ha una copertura 2019 al 39%) per il 2019 al 56% nel 2020 con l’entità aggregata, quindi ridotta al 53% nel 2021 con l’entità aggregata.

I primi vantaggi per UBI Banca

Il primo vantaggio reale di questa OPS arriva per UBI e porta la firma di Fitch: l’agenzia di rating, infatti, valutando il rischio della banca guidata da Victor Massiah, ha chiaramente sottolineato come il rating passa da BBB- a BB+, e l’outlook positivo viene mantenuto solo ed esclusivamente perché sulla banca è in corso l’offerta Intesa, che porterebbe del valore per gli azionisti.

C’è quindi da credere, sulla base di quanto detto da Fitch, che in caso di fallimento dell’OPS il rating peggiorerà immediatamente, con relativo aumento del costo per UBI nell’approvvigionarsi di credito.

Chi è UBI Banca

UBI banca, al momento della proposta da parte di Intesa Sanpaolo, rappresenta un importante player finanziario in Italia, con grandezza tale da ambire al terzo posto tra le banche più grandi del Paese; posto che, con l’uscita di scena di Banca MPS, da qualche anno viene ambito da UBI stessa, da Banco BPM e da Unipol/BPER.

Gli azionisti di UBI Banca, coloro i quali saranno chiamati a scegliere se aderire all’OPS, sono i seguenti soggetti:

  • Parvus Asset Management Europe Limited – 7,93%
  • Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo – 5,91%
  • Silchester International Investors Llp – 5,12%
  • Fondazione Banca del Monte di Lombardia – 4,96%
  • HSBC Holdings PLC – 4,89%

Parte di questi azionisti, più altri non in questa lista, hanno sottoscritto nel tempo 3 patti parasociali:

  • CAR
  • Patto dei Mille
  • Sindacato Azionisti UBI

Il patto più importante è probabilmente quello chiamato CAR, sottoscritto nel settembre del 2019 e che raccoglie al proprio interno anche i soci più grandi usciti dal Patto dei Mille.

Nel CAR, tra i soci più grandi, troviamo:

  • Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo – 5,91%
  • Fondazione Banca del Monte della Lombardia – 4,96%
  • Polifin S.p.A – 2,62%
  • Cattolica Assicurazioni – 1,01%
  • Nuova Fourb S.r.l – 1,00%

Corona Virus e Dividendo non distribuito

Il calendario dell’acquisizione è stato fortemente turbato dal Covid-19 che si è abbattuto sul mondo. La pandemia ha modificato il valore delle società ma, a detta dei manager di Intesa Sanpaolo, non ha cambiato di una virgola la roadmap di acquisizione.

Quello che cambia però è certamente la capitalizzazione delle società, oltre che l’impatto sugli azionisti.

Se le capitalizzazioni sono andate giù in modo sincrono, mantenendo per la maggior parte del tempo il rapporto di 17/10, oggetto dell’offerta, ciò non si può dire del dividendo.

Il 27 marzo del 2020, a causa delle previsioni di come il virus avrebbe impattato sull’economia, BCE e Bankitalia consiglia caldamente alle banche di non distribuire il dividendo. Intesa Sanpaolo e UBI si allineano e Carlo Messina, CEO di ISP, dice che l’appuntamento con il dividendo per gli azionisti è solo rimandato.

Ciò significa che, se si manterrà il calendario, agli azionisti di UBI Banca andrà già il dividendo delle attività 2019 di Intesa Sanpaolo, con un premio maggiore rispetto a quello di acquisto.

Il premio sul prezzo pagato per UBI passa dal 23% al 28% considerando il prezzo del 14 febbraio; mentre passa dal 33% al 39% considerando il prezzo medio dei 6 mesi precedenti.

Si tratta di un incentivo maggiore per gli azionisti di UBI per partecipare allo scambio.

Antitrust e richieste di chiarimento

Il primo intoppo all’aggregazione arriva il 9 giugno dall’antitrust italiano che mette in evidenza come l’aggregazione porta Intesa Sanpaolo ad avere troppi sportelli in alcune aree.

L’antitrust mette in evidenza inoltre come da prospetto pare l’OPS sia valida con il 66,67% delle azioni, invece da dichiarazioni dei manager appare che anche con il 50% + 1 azione, per Intesa Sanpaolo, l’operazione è riuscita. Serve quindi un chiarimento su questo punto.

Modifica degli accordi tra Intesa Sanpaolo e BPER Banca

Proprio per rispondere all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), BPER e Intesa Sanpaolo trattano per trovare un nuovo accordo tale da permettere il via libera da parte dell’antitrust.

L’accordo viene comunicato il 15 giugno del 2020, quindi solo 6 giorni dopo lo stop dell’AGCM.

Il corrispettivo in denaro che BPER pagherà a Intesa Sanpaolo è il valore minore tra il:

  • 55% del patrimonio del Common Equity Tier 1, sul ramo interessato
  • 78% del multiplo implicito pagato da ISP sul Common Equity Tier 1 di UBI Banca

Tale importo sarà pagato per cassa grazie all’aumento di capitale, da 1 miliardo, già approvato il 22 aprile e pre-sottoscritto da Mediobanca.

Inoltre sono state ridefinite le logiche di cessione delle agenzie con l’indicazione del numero esatto delle agenzie, le quali saranno 532 (31 delle quali di Intesa Sanpaolo), in aumento rispetto alle 4/500 indicate sommariamente nella prima bozza di accordo.

Il nuovo accordo dovrebbe portare a BPER depositi della clientela per 29,3 miliardi; crediti netti per 26,2 miliardi.

Si attende a questo punto una risposta dall’antitrust che dovrebbe sciogliere le riserve a metà luglio.

L’antitrust alla fine aiuta Intesa

Dopo la modifica dell’offerta, con l’aumento delle filiali da cedere a BPER, l’Antitrust italiano dà il via libera, condizionandolo alla cessione di almeno 500 sportelli.

Condizione già negli accordi visto che la banca guidata da Carlo Messina si è impegnata a cedere 532 sportelli in totale.

Questa la comunicazione con cui l’antitrust autorizza l’OPS:

In particolare, Intesa Sanpaolo dovrà cedere oltre 500 sportelli bancari, numero ben superiore a quanto offerto originariamente. Le cessioni si dovranno realizzare nelle aree geografiche in cui si registrano le maggiori criticità concorrenziali e saranno rivolte a uno o più operatori indipendenti in grado di disciplinare la nuova entità post acquisizione

Estratto del comunicato dell’Antitrust con cui viene autorizzata l’OPS su UBI

Ma l’authority non si ferma qua e aggiunge un passaggio che certamente aiuterà Intesa nell’OPS:

l’operazione, comportando un rilevante aumento della base clienti di Intesa Sanpaolo, consentirà di sviluppare importanti sinergie, nonché di attuare una significativa riduzione del profilo di rischio del portafoglio creditizio di Ubi

Estratto comunicato Antitrust su OPS UBI da parte di Intesa Sanpaolo

La stessa vigilanza, guidata da Roberto Rustichelli, smonta la tesi dell’amministrazione UBI secondo la quale, a causa dell’OPS, verrebbe meno la possibilità di creare il terzo polo bancario italiano:

[…] (non sono emerse) evidenze, né certe né univoche, in merito alla reale possibilità di Ubi di costituire un terzo polo bancario, diventando il soggetto aggregatore di medie realtà bancarie italiane quali ad esempio Bper, Mps, Bpm

Stralcio del comunicato stampa dell’antitrust su fusione Intesa / UBI

UBI Banca prova a bloccare l’OPAS grazie al Covid

A metà maggio la dirigenza di UBI Banca ha fatto un tentativo presso la CONSOB per bloccare l’OPS di Intesa Sanpaolo; con queste poche righe:

Si informa che il consiglio di amministrazione di Ubi Banca ha deliberato l’avvio di un’azione volta ad accertare che, a causa dell’avveramento della condizione Mac (clausola di assenza di effetti sfavorevoli, ndr) di efficacia dell’offerta pubblica di scambio promossa da Intesa Sanpaolo e della mancata tempestiva rinunzia di Intesa a tale condizione, gli effetti della comunicazione del 17 febbraio 2020 sono cessati, con tutte le relative conseguenze, incluso il venir meno della c.d. “passivity rule” in capo a Ubi Banca

Insomma, UBI aggrappandosi al Covid, asserisce che la manovrabilità dell’azienda in una condizione avversa diventa meno efficace perché l’OPS lanciata da Intesa ne limita il potere di manovra.

Secondo UBI l’offerente, quindi Intesa Sanpaolo, viste le circostanze, avrebbe dovuto rinunciare all’offerta per la condizione MAC (Material Adverse change Clause) quindi liberando UBI di poter procedere a tutto quanto necessario per affrontare il Covid.

Intesa ha risposto dicendo che questa pretesa è capziosa oltre che fantasiosa e quindi non c’è nessuna discussione da aprire. L’OPS è andata avanti e si è arrivato all’apertura della stessa.

Consob, Bankitalia, BCE e IVASS

Naturalmente un’operazione del genere deve ricevere il via libera non solo dell’antitrust, ma anche della BCE e della Banca d’Italia, organi di controllo di Intesa Sanpaolo e di UBI, da parte della Consob, essendo due aziende quotate, e infine da parte dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, poiché con la cessione di alcune filiali verranno cedute anche assicurazioni a beneficio di UnipolSai, oltre che di Intesa stessa.

La più veloce a dare la luce verde è stata la BCE, che l’8 giugno autorizza l’operazione.

A stretto giro arriva anche l’autorizzazione della Banca d’Italia e quella dell’IVASS.

Bisogna attendere fino al 26 giugno per avere l’ok anche della Consob che, quindi, decreta l’inizio dell’OPS: le date andranno dal 6 al 28 luglio.

Reazione di UBI Banca all’inizio dell’OPAS

Grazie all’autorizzazione di Consob, entrando nel vivo l’OPS, finalmente si può sapere cosa ne pensa il management di UBI dell’offerta stessa.

Ciò perché, fino a ufficializzazione e partenza dell’OPS, onde evitare di turbare i mercati, è fatto divieto (attraverso la passivity rule) al management di esprimersi ufficialmente sull’offerta stessa.

Venerdì 3 luglio, puntualissima, è arrivata la bocciatura dell’operazione da parte delle sfere apicali di UBI Banca.

Ovviamente non c’è una bocciatura e basta ma c’è un piano per migliorare la redditività della banca e nuovi obiettivi più sfidanti rispetto al piano industriale precedente.

Gli amministratori di UBI, all’unanimità, hanno bocciato il deal a causa del basso prezzo offerto, facendo leva su quello che vanno dicendo oramai da mesi: cioè che l’acquisizione di UBI da parte di Intesa annienta la possibilità di creare un terzo polo alle spalle di Intesa stessa e di Unicredit.

La soluzione alternativa, messa sul piatto dagli amministratori di UBI, prevederebbe:

  • un aumento di 330 milioni sul fronte dei dividendi
  • un’aggregazione con un partner da individuare entro fine 2020
  • internalizzare il reparto assicurativo di Aviva Vita a partire dal 30 giugno 2021, attraverso dell’intero acquisto del capitale della joint venture
  • impatto di 350 milioni dalla valorizzazione delle attività di merchant acquiring

La reazione di Carlo Messina non si è fatta attendere e il CEO di Intesa San Paolo ha sottolineato come con l’acquisizione di UBI il nuovo gruppo avrebbe un posizione europea dominante, diventando un vero grande player continentale, con valori ottimi in tutti i parametri principali.

Reazioni dei patti sociali e delle fondazioni

Tra i soci principali di UBI ci sono vari patti sociali e fondazioni che hanno reagito inizialmente con una bocciatura informale a quella che è sembrata una scalata ostile.

Con il passare del tempo e con l’aiuto (spesso) di società terze che hanno valutato il deal, le posizioni di questi attori è via via migliorato, fino al punto che oramai sembrano poche frange oltranziste a rimanere sul no.

In particolare, ci sono state aperture da parte della Fondazione Monte di Lombardia (socia al 5%) che ha sottolineato come valuta attentamente il deal e auspicano un ritocco del prezzo.

Posizione che è condivisa da molti nei 3 patti di sindacato che blindano al momento circa il 30% delle azioni UBI.

I consigli degli analisti

Quasi tutti gli analisti si sono espressi mettendo in risalto come l’offerta di Intesa sta già creando valore per il titolo UBI che, qualora l’OPS dovesse fallire, si riporterebbe a livello dei prezzi di banche di media grandezza, quindi perderebbe valore in borsa.

Tra le società di analisi, però, la più strong è certamente EXANE, società di intermediazione francese che consiglia ai propri clienti, senza mezzi termini, di scambiare le azioni oppure di venderle.

Nel dettaglio, la società transalpina, mette in risalto come il prezzo delle azioni UBI, dopo la fine dell’OPS, dipenderà in larga scala proprio dalla percentuale raggiunta dall’OPS.

Per Exane la probabilità che Intesa controlli l’assemblea straordinaria (OPS maggiore del 66,67%) è piuttosto elevata e in tal caso si andrebbe verso la fusione a tutto tondo.

Exane dà un giudizio anche su BPER che acquisirà 532 sportelli da Intesa post fusione. Per il player francese questa operazione avrà un costo finale di 615 milioni e produrrà un utile netto per BPER di 150 milioni al 2022.

Exane, per quanto riguarda BPER, consiglia di non guardare il prezzo nel momento dell’aumento di capitale (tipicamente si ha una flessione della capitalizzazione a causa di azionisti che non sottoscrivono l’aumento) ma con un’ottica di medio/lungo periodo.

La speranza di chi vota no

Chi è ancora fermo sul no all’operazione, molto probabilmente, lo fa per due motivi fondamentali:

  • Azionisti/Imprenditori con altri interessi tangenti alla redditività della banca
  • Azionisti che sperano in un aumento dell’offerta

Imprenditori con vantaggi indiretti

Per quanto riguarda la prima fattispecie, si pensi per esempio a imprenditori che hanno azioni rilevanti di UBI e che in qualche modo riescono a dirigere le scelte bancarie per avere condizioni di vantaggio sulle linee di credito verso le aziende personali.

In tal caso è ovvio che diventa molto più complesso riuscire ad avere condizioni di vantaggio quando dall’altro lato non c’è una banca media come UBI ma un colosso come Intesa.

In questo caso un imprenditore/azionista mette volentieri a rischio una parte di redditività della banca per avere condizioni migliori per sé o per le aziende di famiglia.

Azionisti che sperano in un’offerta migliore

La seconda fattispecie è quella degli azionisti che non daranno le azioni in scambio per il semplice motivo che si aspettano un’offerta migliore in futuro.

A questi risponde sempre Exane (la più tranchant tra gli analisti) che sottolinea come possa essere una scommessa molto rischiosa.

OPS con meno del 50% di azioni scambiate
Infatti, qualora l’OPS fallisse per il non raggiungimento del livello minimo di 50% +1 azione l’operazione in sé e per sé verrebbe annullata, quindi non ci sarebbe nessun aumento in vista.

Antitrust con posizione a oltranza
Stessa cosa dicasi qualora l’antitrust italiano decidesse di intraversarsi completamente: l’OPS andrebbe verso il fallimento, quindi nessun aumento in vista.

OPS tra il 66,67% e il 90%
Intesa avrebbe il controllo dell’assemblea straordinaria di UBI e quindi non serve nessun premio per prendere il resto delle azioni. In tal caso Intesa potrebbe decidere di offrire il medesimo cambio oppure un concambio anche peggiore.

OPS oltre il 90%
In tal caso Intesa avrebbe l’obbligo di acquistare il resto delle azioni con medesimo concambio o anche per cassa.

OPS tra il 50% e il 66,67%
Si tratta della casistica a cui punta chi dice di no all’OPS. Cioè un raggiungimento della soglia per non far morire l’OPS ma allo stesso tempo troppo piccola per governare definitivamente.

In tal caso potrebbe arrivare un’offerta migliore per le azioni ancora non scambiate, ma come sottolinea Exane, non è certo una garanzia che ciò avvenga e, come sottolinea la casa francese, alle assemblee non si arriva mai al 100% delle quote. In una eventuale assemblea straordinaria con la presenza di Intesa e dei tre patti che mantengono le loro azioni in UBI, a Intesa basterebbe il 56,5% delle azioni per controllare le decisioni.

Cattolica Assicurazioni è il primo big che scambia le azioni

A distanza di una settimana dall’avvio dell’OPS arriva il primo big che decide di scambiare le proprie azioni.

Si tratta di Cattolica Assicurazioni, facente parte del patto Car e che nonostante le proprie vicissitudini, porta in conferimento le proprie azioni che corrispondono a circa l’1% del capitale totale di UBI Banca.

Le schermaglie durante l’OPAS

Durante la fase di OPS continuano le schermaglie tra le rispettive amministrazioni delle banche coinvolte.

In particolare, al di là di accuse velate, quella un po’ consistente riguarda un punto non ancora chiarito dall’Antitrust e da Intesa stessa.

La banca guidata da Victor Massiah sottolinea come, qualora l’OPS dovesse superare il 50% ma fermarsi prima dei 2/3 delle azioni (quindi del 66,67%), Intesa non avrebbe la possibilità di cedere gli sportelli a BPER poiché non controllerebbe il management, il quale è l’unico a poter decidere su operazioni straordinarie come la cessione di alcuni sportelli.

Insomma, l’amministrazione di UBI rivendica il diritto di poter decidere quali, come, cosa e se cedere gli sportelli.

A stretto giro arriva la risposta di Intesa che mette in chiaro, qualora ce ne fosse bisogno, che con il 50% delle azioni, anche senza arrivare alla fusione, può sostituire l’intero management e quindi inserire amministratori più morbidi e in linea con le idee della banca di Monte di Pietà.

I soci bresciani vengono allo scoperto

A metà luglio, dopo l’autorizzazione dell’antitrust di cui abbiamo già scritto, i soci bresciani, facenti parte del patto del Sindacato Azionisti (detiene circa l’8% del capitale di UBI) vengono allo scoperto attraverso un’intervista del Giornale di Brescia al presidente Franco Polotti, il quale afferma:

Siamo per l’adesione alla proposta di Intesa […] alla luce dell’andamento di mercato sono convinto, anzi certo, che Intesa abbia ben chiaro che per raggiungere la maggioranza del 66,67% debba riconsiderare la proposta economica per conquistare una convinta adesione all’Ops. Questa è la concreta e legittima aspettativa dei nostri azionisti che non può essere disattesa

Franco Polotti, presidente Sindacato Azionisti di UBI, intervistato dal Giornale di Brescia

Insomma, da Brescia son pronti a dare le loro azioni a Intesa ma si aspettano un miglioramento dell’offerta.

L’offerta viene aumentata a sorpresa

Il management di Intesa Sanpaolo, probabilmente anche visti gli scarsi risultati ottenuti a metà periodo di scambio (3% circa scambiato quando son passati 12 giorni e ne mancano 10), decide a sorpresa di aumentare l’offerta per UBI.

Oltre alle 17 azioni per ogni 10 di UBI, la Ca’ de Sass mette sul piatto anche 0,57 euro per ogni azione UBI.

Si tratta della seconda modifica all’offerta originale poiché, benché non voluta, la prima modifica era stata offerta grazie all’indicazione della BCE di non distribuire dividendi per il 2020, quindi con Intesa decisa a distribuirli appena possibile, per gli azionisti di UBI, già nel periodo a quel punto, sarebbe stato un aumento dell’offerta originale.

La seconda modifica invece viene cercata indicata in modo chiaro: Intesa Sanpaolo mette sul piatto ulteriori 652 milioni cash (appunto 0,57 euro per ogni azione UBI) e aumenta il premio originale fino al 44,7% del prezzo dell’azione UBI prima dell’annuncio dell’offerta.

Il motivo di questo aumento è da cercare nello scarso risultato dell’OPS a metà percorso, oltre al fatto che tutte le fondazioni si erano espresse, ufficialmente o meno, a favore dell’OPS ma solo con una modifica dell’offerta.

Carlo Messina, CEO di Intesa ha voluto giustificare l’aumento in questo modo:

Abbiamo voluto dare massima attenzione alla difficile situazione di queste comunità, anche nell’ottica di evitare effetti divisivi, seppure non intenzionali, venutisi a creare tra stakeholder che si sono dichiarati, anche in fasi più recenti, favorevoli all’offerta rispetto a chi si è espresso in maniera contraria

Carlo Messina, AD di Intesa Sanpaolo, sull’aumento dell’offerta per l’OPS di UBI

Fondazioni quindi accontentate e arrivano subito i primi risultati, infatti la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, socia UBI con il 5,9% delle quote, ha subito radunato un cda per valutare l’offerta; anche altri soci hanno appuntamenti simili e i soci bresciani del patto Sindacato Azionisti, che controlla una quota dell’8%, dovrebbero a questo punto accettare.

In borsa i primi segnali di aumento

Forse già qualche socio di UBI aveva capito che si sarebbe andato a parare verso un aumento, infatti negli ultimi giorni della settimana tra il 13 e il 17 luglio, il rapporto delle due aziende si era leggermente allargato. Infatti i prezzi, che fino a inizio settimana erano ancorati sul rapporto di 1,7, sul finire della stessa settimana erano arrivati a 1,75, quindi con un premio per UBI, con il prezzo di quest’ultima leggermente in salita e il prezzo di Intesa leggermente in discesa.

Intesa conferma i dati nonostante l’aumento dell’offerta

La preoccupazione degli azionisti di Intesa, costretti a pagare di più per avere gli asset di UBI nel proprio portafoglio, viene parzialmente dissipata dal comunicato di Intesa che accompagna l’aumento dell’offerta.

Infatti la banca sottolinea come, nonostante l’aumento del prezzo per UBI, il gruppo nascente dalla fusione avrà a regime un Common Equity Tier 1 ratio pro-forma superiore al 13% nel 2021.

Infine, per chi si preoccupa dei dividendi non distribuiti e che potrebbero andare a pagare parte dell’aumento, la risposta è nella conferma degli obiettivi già annunciati a febbraio, durante la prima offerta, cioè utile netto non inferiore a 5 miliardi nel 2022 e payout ratio del 75% sull’utile netto del 2020 e del 70% sull’utile netto del 2021.

L’aumento dell’offerta grazie al goodwill negativo

Dal 1° gennaio del 2020 le operazioni vengono identificate dal principio contabile Ifrs3, il quale indica le aggregazioni e fusioni come combination e vanno contabilizzate utilizzando il purchasing method, che prevede che la differenza tra il prezzo pagato e il valore contabile dell’azienda preda diventi goodwill, quando positivo e badwill quando negativo.

Ma un badwill, tipicamente, per l’azienda acquirente è un affare poiché sta acquistando un patrimonio contabile maggiore del prezzo offerto. Per questo motivo un badwill è anche indicato come goodwill negativo.

Un goodwill negativo deve essere rilevato nei conti dell’acquirente, proprio per indicare il buon affare.

Nell’OPS di UBI da parte di Intesa, la differenza tra il prezzo pagato e il valore contabile è di 3,4 miliardi nel momento del lancio dell’offerta. Questi dovrebbero essere iscritti a bilancio nei conti dell’azienda acquirente. Intesa però si è riservata il diritto di iscriverli a bilancio come riserva da utilizzare per svalutazioni e per i costi di aggregazione, quantificati, nell’offerta originale a 1,3 miliardi, ai quali vanno aggiunti 1,2 miliardi che la stessa Intesa ha dedicato a svalutazioni sugli asset acquisiti attraverso UBI.

Appare evidente come rimangano circa 900 milioni che Intesa aveva intenzione di lasciare a riserva per future svalutazioni ma che potrebbero essere usate per questa operazione. E appunto 652 miliardi di aumento sono minori di 900 milioni. Quello che si riduce è la riserva per future svalutazioni, non certo i conti dell’anno. Ovviamente ci sarà una bella differenza tra gli utili rappresentati da Earnings e Cash Flow.

Il rinvio della scadenza

La Consob, durante l’ultimo giorno di scambio (28 luglio) decide di rimandare di 2 giorni la scadenza, portandola quindi al 30 luglio.

Con il senno di poi appare evidente come al 28 luglio tanti player non erano riusciti a far pervenire le richieste di scambio o queste non erano state processate, infatti al termine del 28 luglio l’OPAS era stata scambiata per il 72% di quote mentre a termine è arrivata al 90,2% di quote.

Il successo dell’OPAS

Al termine del 30 luglio 2020 la Consob comunica che le quote scambiate sono state del 90,2%, ai quali si aggiungono le quote già detenute da Intesa per un totale di 91,0149%. Un risultato che va oltre qualsiasi più rosea previsione e che dimostra come le scalate amichevoli ma non concordate (come quella fatta appunto da ISP su UBI) possono avere successo, anche se non provate da anni.

Avendo raggiunto questi risultati Intesa è costretta a fare il delisting di UBI e liquidare il 8,9851% di quote non scambiate.

Dalla Ca’ de Sass decidono di continuare a dare lo stesso valore alle azioni restanti di UBI (17 azioni ISP ogni 10 di UBI + 0,57 euro per ogni azione UBI), oppure, in alternativa, pagare cash 3,539 euro per ogni azione UBI.

La data di scambio delle azioni per chi ha già aderito è il 5 agosto e Borsa Italiana bloccherà l’operatività sulle azioni UBI a partire dal giorno successivo.

Le dimissioni di Victor Massiah

Da 12 anni alle redini di UBI Banca, il CEO di UBI, Victor Massiah, lascia il suo incarico durante il cda di lunedì 3 agosto 2020, organizzato per presentare i conti del primo semestre del 2020.

Dimissioni scontate visto il successo dell’OPAS di Intesa ai danni di UBI, Massiah lascia con queste parole:

Abbiamo tutti insieme condiviso questo approccio complessivo: valori e competenza, in sintesi qualità. Che la banca più grande del Paese abbia sentito il forte bisogno di acquisire Ubi è in fondo testimonianza di come questa qualità fosse percepita anche e soprattutto all’esterno: ne dovete essere fieri […] Ho concluso il mio rapporto di lavoro con questo gruppo dopo oltre 18 anni, lascio il testimone a chi verrà consegnando un raggruppamento estremamente solido, ragionevolmente profittevole dati i tempi, ma soprattutto pieno di persone di altissimo valore che spero troveranno un’ulteriore valorizzazione nel nuovo gruppo

Victor Massiah, Amministratore Delegato di UBI Banca, durante il suo ultimo consiglio di amministrazione

Il gruppo va temporaneamente a Elvio Sonnino, vice direttore generale.

I compiti della nuova amministrazione UBI

Elvio Sonnino traghetterà UBI nell’attesa che un consiglio di amministrazione straordinario, che dovrà convocare Intesa Sanpaolo, metterà fine all’intera amministrazione corrente e lascerà posto a un nuovo management a firma ISP, il quale dovrà traghettare la banca alla fusione con Intesa stessa.

Nei compiti del nuovo management c’è quello di:

  • cedere 532 banche a BPER (entro 6 mesi)
  • mettere all’asta ulteriori 17 sportelli (entro fine 2020)
  • cedere i rami assicurativi interessati a Unipol
  • procedere con l’integrazione con ISP

UBI esce dal FTSE MIB e da tutti gli indici

Ovviamente con un risultato del genere e con Intesa che:

non ripristinerà un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni delle azioni ordinarie dell’emittente

Comunicato di Intesa al superamento del 90% delle quote UBI

il 6 agosto UBI cesserà di essere scambiata in borsa e quest’ultima (Borsa Italiana SpA) comunica che, per permettere la regolare continuazione dell’indice FTSE MIB, UBI verrà estromessa dall’indice delle 40 blue chip di Piazza Affari e al suo posto entrerà BPER banca, che aveva perso il posto appena 2 mesi prima (a favore di Inwit).