La partenza di Andrea Orcel alla guida di Unicredit è iniziata sul filo del rasoio, quantomeno per lo stipendio che percepirà il nuovo CEO. Il punto focale è stato quello della trasformazione della parte variabile in fisso, che porta l’emolumento per il nuovo CEO a ben 7,5 milioni di euro.
Voto negativo da parte dei proxy advisor, Glass Lewis e ISS, mentre luce verde è arrivata da CariVerona (1,8%) e Crt (1,65%). Alla fine lo stipendio viene approvato con il 54,10% dei presenti e voto contrario del 42,66%.
Confermato nel ruolo di Presidente della banca anche Pietro Carlo Padoan, ex ministro all’economia nei Governi Renzi e Gentiloni.
Aggregazioni bancarie
Ma in assemblea degli azionisti non si è parlato solo di Orcel (o di Padoan), bensì degli obiettivi futuri della banca, con il nodo centrale legato alle aggregazioni, per provare a colmare il gap che separa la banca di Piazza Gae Aulenti da Intesa San Paolo, sempre più leader sul territorio italiano, soprattutto dopo la fusione con UBI.
Il risiko bancario è ancora là sul tavolo, in attesa di comprendere quale possa essere il partner migliore. L’ipotesi più forte è certamente quella di aggregare la banca più vecchia del mondo, quella Monte dei Paschi di Siena che porterebbe con sé una dote da 6 miliardi messa sul piatto dal Governo Conte II.
Non è stata comunque accantonata la possibilità di triangolare con Banco BPM e magari con l’unione della stessa MPS. Possibilità molto più complessa che, al momento, pare un po’ lontana.
Il terreno da recuperare
A guardare i conti chiusi del 2020, Orcel dovrà lavorare molto velocemente e portare dei risultati concreti, altrimenti il rischio reale non è quello di non recuperare la posizione da leader occupata da Intesa, ma di perdere anche quella di seconda banca, con BPER e BPM che stanno spingendo sempre di più, e su cui non si esclude un’unione.
Il dividendo
Per farlo Orcel sa benissimo di avere bisogno dell’appoggio di tutti gli azionisti e in questa ottica va la decisione di confermare il piano di distribuzione dei dividendi, già parte della strategia aziendale.
A far da volano, in questo caso, è il presidente uscente Cesare Bisoni, che afferma:
UniCredit ha confermato la sua politica dei dividendi e pianificato una distribuzione straordinaria di capitale nell’ultimo trimestre dell’anno, qualora le giuste condizioni dovessero ripresentarsi e subordinatamente all’autorizzazione dell’Autorità di Vigilanza
Cesare Bisoni sui dividendi di Unicredit
Generali e Unicredit
Un ultimo capitolo è quello di Generali, con varie voci che affermano che la volontà della banca milanese sia quella di tornare a contare nell’azionario dell’assicurazione triestina.
A far da volano è Morgan Stanley, la quale addirittura si spinge a ipotizzare una fusione tra Unicredit e Generali, la quale, secondo la banca americana, potrebbe avere razionale industriale:
I vantaggi potenziali di una tale operazione sarebbero la possibilità di far leva sui clienti della banca in Italia, Germania, Austria e Cee e il potenziale per sviluppare prodotti integrati e smantellare gli attuali accordi di distribuzione per massimizzare la redditività.
L’industria della bancassicurazione europea è una delle più grandi e più redditizie a livello globale, dal 2009 al 2018 la crescita del canale bancassicurativo ha superato gli altri canali sia nel vita che nei prodotti non vita in Europa e in Italia.
Morgan Stanley su una fusione tra Generali e Unicredit
Certo, se pensiamo a una fusione tra BPM, Unicredit ed MPS, con la possibilità poi di andare a fare un M&A con Generali, ci viene il mal di testa e forse è fantapolitica, ma potrebbe essere una strada corretta per evitare di avere una banca che continua a perdere valore.