Mario Draghi
I capitoli in agenda di Mario Draghi qualora diventasse presidente del consiglio italiano
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L’annuncio del mandato consegnato nelle mani di Mario Draghi, da parte di Sergio Mattarella, farà certamente bene all’economia. I primi segnali si sono già visti, con lo spread tra BTP e Bund sceso immediatamente del 7%.

Ma quali azioni avranno un vantaggio dall’elezione di Mario Draghi?

Certamente il primo effetto si vedrà sul rendimento dei Titoli di Stato italiani, i quali saranno acquistati grazie alla fiducia che gli investitori ripongono nell’ex presidente della Banca Centrale Europea.

Inoltre con Draghi impegnato politicamente si può anche immaginare un’accelerazione verso la creazione di quei bond europei che Mario ha lasciato a metà a causa della fine del suo mandato di 8 anni nel palazzo principale dell’economia europea.

Quali azioni avranno un vantaggio dall’elezione di Draghi

Per rispondere a questa domanda bisogna guardare a tutti i capitoli aperti sul tavolo del governo. Giuseppe Conte, dimissionario, ha aperto una serie di capitoli che non sono arrivati a conclusione.

Lo spread e il debito

Il già citato calo dello spread, e in generale il calo degli interessi che l’Italia dovrà pagare agli investitori, porterà l’Italia un po’ più vicina ai costi sostenuti dalle altre nazioni per finanziarsi.

Difficile immaginare che i BTP decennali italiani vadano sottozero, ma allo stesso tempo è impensabile che lo Stato italiano continui a pagare o 0,5/0,7% di interessi sul decennale nel momento in cui Francia e Germania si trovano in negativo, la Spagna e il Portogallo vicino allo zero e anche la Grecia messa meglio di noi.

L’Italia andrà ad avvicinarsi a quelli che sono i rendimenti di Spagna e Portogallo, quindi vicini allo zero, con un notevole risparmio di denaro pubblico.

Ovviamente in questo caso a beneficiarne saranno gli investitori che possiedono buoni dello Stato italiano.

Il vantaggio per le banche

Evidentemente l’ex numero uno della Banca Centrale Europea avrà tutto l’interesse del mondo a far viaggiare meglio le banche italiane, le quali sono il tessuto dell’economia del Bel Paese. Già il calo dello spread, con l’innalzamento del valore dei BTP, porta un gran vantaggio alle banche tricolore, le quali vedranno rafforzarsi i valori patrimoniali.

Questo è particolarmente vero per quegli istituti che possiedono molto debito pubblico italiano, come Intesa Sanpaolo, oltre che quelle banche con un solido bilancio e con fondamentali in ordine, come per esempio Banco BPM.

Atlantia e la revoca delle concessioni autostradali

Partiamo dal tema che viene portato avanti sin dal crollo del Ponte di Genova del 2018. Atlantia sta litigando con Cassa Depositi e Prestiti e fino a ora è mancato l’assist del governo, troppo incauto nelle dichiarazioni e troppo fumoso nel concreto.

Difficile immaginare che Draghi possa fare inversione a U e abbandonare questo capitolo; ma è altrettanto vero che la lettera mandata dalla Commissione Europea, alla quale Draghi dovrà rispondere appena sarà eletto, dà un assist enorme per rivedere tutta l’impalcatura.

Draghi dovrebbe essere una figura istituzionale, attento ai diritti dei privati e agli accordi presi, quindi si può immaginare una rimodulazione delle tariffe, con un ingresso di Stato all’interno dell’azionariato di Autostrade per l’Italia ma la questione revoca potrebbe andare definitivamente in soffitta.

È immaginabile che il nuovo governo darà una spinta a CDP in modo da trovare un corretto prezzo per la rete autostradale, liquidando in toto o parzialmente la famiglia Benetton, ma allo stesso tempo dando una generosa liquidazione così che la stessa Atlantia, incassato il ristoro, possa investire in altri beni, principalmente all’estero.

Si può tranquillamente immaginare che Aspi andrà alla quotazione e solo dopo CDP entrerà nel capitale rilevando le quote in mano ai Benetton. In questo modo si salverebbero i piccoli investitori, i fondi esteri, si darebbe finalmente una parvenza di serietà a questa trattativa e si riporterà gran parte dell’asset in mano allo Stato, tranquillizzando l’Europa e facendo sì che arrivino dalle varie authority tutti i visti necessari.

Atlantia sarà quindi una delle aziende che ne trarrà beneficio.

Unicredit e Monte dei Paschi di Siena

Torniamo sulle banche e quindi sul secondo grande capitolo aperto sul tavolo del governo, cioè la cessione delle quote di MPS.

Lo Stato Italiano è il maggior azionista della banca senese, con una quota di oltre il 64%. La Comunità Europea ha già chiesto di decidere se nazionalizzare la banca o cedere le quote, per evitare di incorrere nella casistica di aiuti di Stato a enti privati.

Lo Stato Italiano non ha alcun interesse ad avere una banca nazionalizzata e quindi si sta procedendo con la cessione delle quote di MPS, che il governo Conte bis si è impegnato a portare a termine entro l’estate del 2021.

Siamo in fase di scadenza di quella promessa e il capitolo ancora è aperto e quasi tutto da costruire. Possiamo immaginare che il pragmatismo di Draghi, unito all’esperienza dell’ex ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, attuale presidente di Unicredit, porterà a una soluzione in tempi relativamente brevi.

Anche questo capitolo dovrebbe quindi chiudersi velocemente, ai lettori lasciamo il compito di comprendere se sarà un bene o un male per gli attori in gioco.

La rete unica e Telecom

Noi voliamo velocemente alla rete unica italiana, terzo grande capitolo aperto sul tavolo del governo.

Qui le parti in gioco sono tantissime e la risoluzione sarà tutt’altro che semplice. Giusto per fare un veloce riepilogo: TIM ha unito la propria rete con quella di Fastweb dando vita a FiberCop, dall’altro lato c’è Open Fiber, nata da un progetto di Enel con Cassa Depositi e Prestiti (50% ciascuno di quote).

L’idea originale era quella di unire le due reti per far nascere la rete unica italiana, come chiesto anche dall’Europa, così da avere certezza di connessione e provare ad abbattere il digital divide che oggi colpisce la nazione (due reti nelle principali città e nessuna connessione in territori complessi).

Cassa Depositi e Prestiti è la regista dell’operazione, avendo in mano il 50% di Open Fiber e il 9,89% di Telecom Italia.

La direzione in cui si stava procedendo era quella di unire le reti e dare a TIM la responsabilità della gestione, operazione non propriamente ammirata dall’Europa, la quale chiede che la gestione della rete sia in capo a un soggetto terzo rispetto ai rivenditori di connettività.

Enel è già in trattativa per la cessione della propria quota di Open Fiber al fondo Macquarie, inoltre, giusto per fare qualche nome, in FiberCop è presente anche il fondo KKR.

Interessati all’operazione sono anche tutti i rivenditori di connettività, con Vodafone, Iliad, Sky e Tiscali alla finestra per capire come e se inserirsi.

Compito di Draghi sarà quello di dare ascolto all’Europa creando o rafforzando qualcosa di esterno agli operatori, unendo la rete unica e portandola a funzionare in modo adeguato.

Borsa Italiana in mano a Euronext

Altro capitolo aperto da Conte e mai chiuso. LSE ha ceduto Borsa Italiana a Cassa Depositi e Prestiti, la quale l’ha fatto entrare nel perimetro della francese Euronext, acquisendo una quota importante della società transalpina.

Si tratta di un dossier un po’ fermo al palo, nonostante ci siano da fare delle nomine e bisogna cercare di contare qualcosa all’interno del board di Euronext.

Il compito di Draghi sarà quello di essere europeista e provare a forzare il ruolo dei francesi così da creare un mercato di scambio azioni paneuropeo. Draghi ha anche l’occasione d’oro di provare a far quadrare Deutsche Boerse intorno a Euronext, così da creare un vero grande mercato europeo che possa competere a livello mondiale con Nasdaq e NYSE.

Recovery Fund

Ovviamente il Next Generation EU è il capitolo più importante sul tavolo del governo e circa 300 miliardi in 6 anni sono un’occasione da non perdere per l’Italia, possono rappresentare un’occasione per tante aziende italiane.

Probabilmente Draghi porterà i capitoli verso la direzione degli investimenti a medio/lungo periodo, con la costruzione di meccanismi e di praticità che potranno essere un volano per l’Italia.

In particolare, avendo perso il treno dell’elettrico sui veicoli e avendo puntato invece su energie alternative, considerando che un grande capitolo di spesa dovrà essere appuntato per le politiche green, potrebbero trarne giovamento quelle aziende che hanno già orientato i loro investimenti verso energia pulita a base di Idrogeno o di fonti alternative.

Ben posizionate, in questo caso, vediamo Enel, ERG, Snam e forse anche ENI.

Allo stesso tempo il Recovery Fund ha capitoli sullo svecchiamento della mobilità, quindi grande attenzione a Stellantis e delle infrastrutture, quindi Buzzi Unicem.

MES e Sanità

Il MES nacque proprio in seno alla Commissione Europea e alla BCE nel momento in cui Mario Draghi guidava l’istituzione europea, difficile quindi immaginare che possa dire di no ai soldi del MES, anche perché non ha crediti o debiti politici da scontare o elettori da ingraziarsi.

Per questo motivo probabilmente l’Italia accetterà i soldi del MES e li metterà sul piatto della sanità. Ne gioveranno tutte quelle aziende italiane che in questo settore hanno il loro core business.

Tra le altre possiamo ricordare DiaSorin, Recordati, Health Italia, Amplifon e Garofalo Health Care.

Giustizia

Forse esageriamo un po’, anche perché Draghi avrà a disposizione appena due anni, ma sarebbe bello riuscisse a mettere mano anche alla giustizia, che è uno dei capitoli del Recovery Fund.

In particolar modo, in Italia, viviamo nel perenne ritardo e mancanza di garanzia della pena.

Le aziende internazionali tendono a stare lontane dall’Italia (anche) perché qualora avessero problemi legali (e tutte le aziende di un certo livello ne hanno) in Italia i tempi sono biblici, senza la garanzia che la giustizia sia dalla parte di chi ha ragione.

Una riforma della giustizia sarebbe perfetta da parte di un presidente del consiglio che si sta affacciando con la nomea di essere pragmatico e di saper affrontare di petto i problemi.

Non ci sono aziende specifiche che potrebbero trarne vantaggio, ma l’intero sistema Paese, con le aziende internazionali che tornerebbero a gradire la destinazione Italia per basare i loro interessi.

Per fare ciò va riformata la giustizia e la tassazione per le imprese.